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Venerdì, 29 Mar 2024

Nella galassia delle società partecipate dal Ministero dell’economia e delle finanze è presente, ma sconosciuta ai più, anche Mefop, società per lo sviluppo del Mercato dei fondi pensione.

Si tratta di una società per azioni fondata nel 1999, con capitale sociale di 104 mila euro, il cui azionista di maggioranza è per l’appunto il Mef (52,16%), mentre la restante quota è ripartita tra 87 fondi pensione (negoziali o aperti), che compongono il mercato del secondo e terzo pilastro della previdenza italiana.

Scopo societario è quello di favorire lo sviluppo dei fondi pensionistici; disciplinare le forme di previdenza per l’erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio pubblico; assicurare maggiori livelli di copertura previdenziale. In pratica, viene svolta un’attività pubblicistica, di formazione e di consulenza in favore dei soci (i fondi pensione).

A giudicare dalla relazione della Corte dei Conti per il biennio 2013-2014, Mefop gode di ottima salute finanziaria. Ha conseguito un utile negli ultimi 8 esercizi, di cui 318 mila euro nel 2013 (+10,01%) e 411 mila euro nel 2014 (+29,24%). Nel biennio sotto osservazione è cresciuto anche il patrimonio netto rispettivamente di 9,88% e 11,63% per importi coincidenti con l’utile di esercizio.

La società è presieduta da Mauro Marè, che insegna anche Economia dei tributi all’Università della Tuscia di Viterbo, al quale spetta per l’incarico un compenso annuo di 87.750 euro; 4.500 euro vanno a ciascuno dei sette membri del cda (alcuni dei quali li retrocedono al proprio datore di lavoro) e 17 mila euro ai componenti del collegio sindacale.

Può contare su 14 dipendenti (tutti laureati), tra cui un Direttore generale e un vice direttore generale, di recente nominato responsabile per la trasparenza. Le spese per il personale, non soggetto come i dipendenti pubblici al blocco degli stipendi, sono aumentate rispettivamente del 6,33% e del 6,25% nel 2013 e 2014, con un costo medio onnicomprensivo di 86.155 euro per unità. Sul punto, la Corte dei Conti auspica che “le politiche relative alla remunerazione del personale aderiscano maggiormente al generale orientamento restrittivo manifestato nel settore pubblico”.

Perché lo Stato debba partecipare insieme ai gestori dei fondi pensione a una società che promuove la previdenza integrativa, anziché limitarsi a vigilare attraverso la Covip sul buon funzionamento del sistema a tutela degli aderenti e dei loro risparmi, non è affatto chiaro.

In tempi di spending review e di privatizzazioni sarebbe più opportuno che il Ministero dell’economia cedesse questo asset, che ha poco a che vedere con il servizio pubblico.

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