Dipendente pubblico, anziché assistere la madre disabile, utilizzava i permessi ex lege 104/92 per frequentare corsi universitari. Scoperto dall’ente datore di lavoro, veniva licenziato.
Sconfitto sia in primo grado che in appello, l’ormai ex dipendente non si dava per vinto e ricorreva in Cassazione.
La Suprema Corte – Sezione lavoro - con sentenza n. 17968/2016, depositata il 13 settembre scorso, ha respinto il ricorso, enunciando il seguente principio di diritto: «In tema di esercizio del diritto di cui all’articolo 33, comma 3, della legge 104/92, la fruizione del permesso da parte del dipendente deve porsi in nesso causale diretto con lo svolgimento di un’attività identificabile come prestazione di assistenza in favore del disabile per il quale il beneficio è riconosciuto, in quanto la tutela offerta dalla norma non ha funzione meramente compensativa o di ristoro delle energie impiegate dal dipendente per un’assistenza comunque prestata. L’uso improprio del permesso può integrare, secondo le circostanze del caso, una grave violazione intenzionale degli obblighi gravanti sul dipendente, idonea a giustificare anche la sanzione espulsiva».