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Venerdì, 29 Mar 2024

Nichilismo di Franco Buzzi, Editrice Bibliografica, Milano, 2016, pp.113, euro 9,90.

Recensione di Roberto Tomei

Entro il più ampio disegno di una grande enciclopedia per tutti, che intende ripercorrere i movimenti e le idee che hanno fatto la storia, si colloca questo primo volume di Franco Buzzi dedicato al nichilismo, un’idea forte, soprattutto di questi tempi attraversati dalla “morte di Dio”, secondo un’espressione ormai entrata in circolo, che appartiene a Dostoevskij.

Diciamo subito che si tratta di un testo utile e completo, nonostante la sua voluta e inevitabile stringatezza. Ciò che colpisce nella trattazione di un tema così arduo è il sapiente e equilibrato mix di filosofia e letteratura, ovviamente sbilanciato a favore della prima, dato che gli esponenti più importanti di questo filone di pensiero sono appunto i filosofi, in particolare Nietzsche, Heidegger e il nostro Emanuele Severino, senza mai dimenticare che un ruolo tutt’altro che retroscenico vi hanno svolto tanti scrittori e letterati dell’Ottocento e del secolo scorso.

Lungi dall’essere univoco, il termine nichilista è comunque intrinsecamente segnato, nella varietà dei suoi usi, da una certa presenza della negazione, in esso risuonando la parola latina nihil, cioè nulla o niente. Ora, se non è possibile tematizzare il problema della negazione senza porre, al tempo stesso, la questione dell’essere, l’autore sottolinea come, mentre nel mondo greco tale questione è stata affrontata senza riflettere esplicitamente sul soggetto capace di porla, l’epoca moderna ha invece fissato il proprio sguardo sul soggetto indagatore e ha fatto pertanto luce sulla coscienza, rendendoci così pienamente consapevoli del ruolo insostituibile esercitato dalla coscienza/soggettività nel porre l’intera questione filosofica.

Il nichilismo, perciò, è un fenomeno essenzialmente moderno, che compare nel pensiero occidentale tra il XVII e il XIX secolo, quando “la coscienza, anziché accogliersi gioiosamente nella propria insostituibile funzione di rivelare l’essere lasciandolo apparire, fraintese presuntuosamente se stessa pretendendo di offrirsi quale fondamento metafisico dell’essere”. Il nichilismo è così fenomeno di lunga durata, potendosi constatare, per un verso, che, come mentalità critica, negativa e disfattista, esso precede e accompagna le due guerre mondiali; per altro verso, invece, che la già esistente e serpeggiante mentalità impregnata di nichilismo abbia solo sperimentato una conferma, uscendo anzi notevolmente rafforzata dai due conflitti mondiali.

Di certo, dopo fatti come quelli di Auschwitz, è diventato più difficile credere in Dio e negli uomini, ma anche l’incessante crescita di benessere della civiltà europea ha finito per incrementare i germi del nichilismo, sicché l’umanità ancora oggi percepisce il proprio malessere e l’angoscia di fronte al nulla, inteso, se non altro, come l’oscura possibilità del radicale non-senso di tutte le cose.

Molto interessante l’ultimo capitolo del libro, dedicato a “influsso e attualità del nichilismo”, in cui l’autore ci informa come lo spirito e l’atteggiamento nichilista siano riusciti a far breccia tra le arti figurative del periodo dell’avanguardia, la letteratura e il teatro, la riflessione teologica e i più recenti sviluppi del pensiero filosofico.

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