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Venerdì, 19 Apr 2024

buca posteSpett.le Foglietto, sono un ricercatore del CNR, ingegnere prestato alla geofisica, e leggo spesso con interesse ma a volte anche con disagio le tesi e le perorazioni che vengono pubblicate sul vostro periodico.

In particolare, mi sembra che ci si sia accorti poco che il CNR, nonostante abbia da poco compiuto 90 anni, venga spesso trattato ancora come un bambino di 8.

Proverò, nell’ambito delle mie modeste conoscenze e possibilità, a visualizzare criticamente questa storia, o meglio i suoi effetti al giorno d’oggi: vi sembra del tutto normale il fatto i vertici del CNR (ma il più delle volte anche quelli di altri Enti di Ricerca per quel che ne so) non sono praticamente mai dirette filiazioni ed emanazioni dell’Ente stesso? Vi sembra normale che la maggior parte della nostra dirigenza sia composta da docenti universitari?

Senza voler scadere in alcun sarcasmo dozzinale, e senza voler accorciare il mandato di nessuno, mi si spieghi perché i ricercatori di alto grado degli enti pubblici sono detti essere delle “eccellenze” in varie sedi ma sono il più delle volte figli di un dio minore quando si tratta di assumere decisioni o ruoli di potere nell’Ente. Sono dunque i professori più bravi di noi? A me risulta che qualcuno sia molto bravo, ma qualcuno anche meno e qualcuno anche no, grossomodo come noi. E perché le commissioni di concorso per posti a tempo indeterminato o per progressione di carriera da noi vengono nella maggior parte dei casi presiedute (e talora composte interamente) da docenti universitari e mai accade il viceversa? E perché la stragrande maggioranza dei valutatori ANVUR mi risulta essere composta da professori universitari?

Certo, qualcosa sta cambiando, ed è un bene che finalmente nel Consiglio di Amministrazione del CNR vi sia un membro “eletto dal popolo” dopo l’indecenza (scusate il termine) avvenuta pochi anni or sono con la non-nomina di Umberto Amato, ma se guardiamo al normalissimo ordinario quotidiano e scontato funzionamento delle università italiane, vediamo che in effetti sono eletti dal “popolo universitario” tutti i Magnifici Rettori, tutti i Direttori di Dipartimento, tutti i Presidi di Facoltà. Vediamo anche che il Senato Accademico, in dipendenza dello statuto che si dà il singolo Ateneo, può avere in alcuni casi poteri decisionali, mentre i Consigli d’Istituto nel CNR sono solo ed inderogabilmente organi consultivi.

E mi risulta anche, come corollario di questa e di altre cause, che la carriera dei nostri colleghi strutturati all’Università sia mediamente molto più veloce della nostra, se mai ne facciamo una. Non ci sono fondi? Ma mi risulta anche che la dirigenza del CNR costi allo stato molto di più di quanto costava prima della riforma Gelmini che ha portato all’ordinamento attuale degli Enti di Ricerca. E mi risulta poi che vengano progettati e realizzati complessi da milioni di euro, come quello delle nanotecnologie a Lecce, senza alcuna consultazione di merito (e in particolare nel merito se fare o meno la cosa) degli Istituti locali (cosa che invece sarebbe prevista secondo il nuovo statuto del CNR), e questo lo so per certo perché sto a Lecce.

Oltre alle questioni di rappresentanza, di carriera e di redistribuzione più giusta dei poteri di cui detto, le conseguenze di questo stato di cose si riversano anche su tante cosette più spicciole (che però costituiscono il nostro solo e vero “benessere organizzativo”) come l’uso di automobili proprie e di istituto, i rimborsi della benzina, le dinamiche delle prestazioni conto terzi, l’uso del fondo economale, le dinamiche delle modalità di spesa etc., in un’espressione compatta “come entrano ed escono i soldi dagli Istituti”. Di norma, i ricercatori del CNR non hanno alcuna voce in capitolo su queste questioni, e i cambiamenti di ogni regolamento (di norma restrittivi) ci giungono sotto forma di circolari assiomatiche, la cui discussione mi sembra non passare neanche per il Consiglio di Amministrazione del CNR.

Pongo questioni troppo estese e quindi quasi astratte? Beh, cominciamo almeno a porre delle domande su cose che tutti sanno ma che sostanzialmente non trovano cittadinanza in alcun pubblico dibattito o quasi. Sono problemi che non si risolvono in due e nemmeno in cinque anni, ma se nessuno ne parla non si risolveranno mai nemmeno in altri 90 anni.

Si tratta quindi di costruire il cambiamento in termini culturali, e occorre diffondere ed esplicitare la consapevolezza (a volte anche l’autoconsapevolezza) che chi vive in un Ente di Ricerca ne conosce le dinamiche, e quindi potrebbe avere qualcosa da dire degno di essere ascoltato su come funziona il suo Ente. Non conosce magari i meandri dei regolamenti e i commi delle leggi ma sa, perché vive in prima persona, come va a finire la storia e cosa resta alla fine della fiera.

Occorre di conseguenza provare a fare delle analisi e delle scelte che ambiscano ad essere non soltanto tecnicamente informate ma anche, mi si consenta un grosso termine, profonde e addirittura (oggi mi va di esagerare) sapienti. Sì: sapienti, in barba alla dominante retorica del management e alla dominante concezione aziendalista che vuole concepirci come una fabbrica (salvo il fatto che una fabbrica vera può anche chiudere …), e che molte volte porta come unica sostanziale proposta per le “grandi sfide delle contemporaneità” una periodica riduzione del numero di Istituti o Dipartimenti del CNR, in modo da fare un po’ di cassa con la diminuzione del numero dei Direttori.

Poco importa se prima o poi una commissione d’esame sarà composta da un archeologo, un filologo, un filosofo ed un giurista (sembra l’inizio di un barzelletta …) e dovrà esaminare un ingegnere (e questo completa la barzelletta).

Concludo: ho letto sul Foglietto ripetute critiche riguardanti la nomina dell’attuale Presidente del CNR, a firma del prof. Boschi. Vede, professore, il problema di fondo non è che in una certa graduatoria abbiano preso il terzo o il quarto classificato invece del primo, e neppure con quali criteri abbiano valutato a monte le idoneità e formato quella classifica. Il problema politico, cioè quello vero, è che in quella graduatoria non c’era neanche un Dirigente di Ricerca del CNR nei primi posti.

Raffaele Persico - Istituto per i beni Archeologici e Monumentali IBAM-CNR

LA RISPOSTA DI ENZO BOSCHI

Caro Persico, non conosco abbastanza il CNR per potermi esprimere sulle numerose interessanti questioni che racconti e sollevi.

Una volta i Presidenti degli EPR li proponeva il Ministro della Pubblica Istruzione e il Consiglio dei Ministri li nominava. Addirittura il documento di nomina veniva firmato dal Presidente della Repubblica.

I Governi e i Ministri cambiavano continuamente e, quindi, era di fatto il caso che determinava le scelte, non la necessità.

Poi arrivò Fabio Mussi, che decise che la scelta doveva essere "democratica".

Incaricò il fisico della Sapienza Parisi (con il quale stava anche fondando un partito di sinistra di cui non ricordo il nome) di presiedere un comitato che doveva definire un rosa di possibili candidati.

Un po' come avviene oggi, ma in modo molto più casereccio.

Per esempio, data la novità, si temeva che nessuno rispondesse al bando perché il nome del "vincitore" era già praticamente noto.

Allora ci furono inviti pressanti a partecipare per non svilire l'operazione.

Un invito fu rivolto anche a me: risposi con un CV lungo una sola pagina visto che ero felicissimo di restarmene all'INGV e non volevo correre il rischio di dovermene andare.

Parisi addirittura comunicò per telefono al Ministro il risultato dei lavori del Comitato!  Lo confessò candidamente lui stesso. Ritenne anche di comunicare ai giornali che io, in particolare, ero stato bocciato. La cosa mi irritò moltissimo, tanto che richiesi l'accesso agli atti ma mi fu risposto che ... gli atti semplicemente non esistevano!

Adesso le cose sembran fatte in maniera più professionale!

Tuttavia non è stato spiegato perché i primi due classificati nel concorso per il CNR non sono stati nominati e perché dal gruppo di quelli arrivati terzi è stato scelto Inguscio.

Alla faccia della trasparenza e della meritocrazia!

Sul perché non ci siano dirigenti di ricerca nella rosa CNR non so risponderti. So, però, che negli ultimi anni tra i direttori generali v’è stato più di un dirigente di ricerca e/o tecnologo interno allo stesso ente.

Nella rosa per l'INGV ci sono due dirigenti di ricerca dell'Istituto (due geofisici di altissimo livello) e tre geologi.

La distinzione nettissima che c'è fra geofisici e geologi viene esclusivamente dalle ricerche svolte e documentabili che implicano metodi e filosofie molto differenti.

La Ministra per l'INGV, a differenza del CNR, ha scelto il primo classificato, un geologo, senza spiegare perché.

Come abbia fatto quel geologo ad arrivare primo per me è un mistero visto che non può avere esperienze organizzative nel settore della geofisica, dal momento che solo all'INGV negli ultimi trent'anni si sono svolte attività tali da richiedere quel tipo di competenze.

Altri dirigenti di ricerca dell'INGV di altissimo livello sono stati esclusi dalla cinquina senza una ragione comprensibile.

È mia opinione che nel caso di un ente specializzato come l'INGV il comitato che opera le scelte dovrebbe avere almeno alcuni esperti nella disciplina se non tutti; anzi la legge lo imporrebbe!

Sostanzialmente ancora tutto è di fatto, anche se oggigiorno in modo diverso, lasciato al caso e sospetti di ogni tipo sono ammissibili.

Di trasparente non c'è niente; meglio sarebbe tornare al passato: il Ministro in carica nomina chi gli pare e ... zitti!

In realtà, l'organizzazione della ricerca scientifica dovrebbe essere separata dalla politica, come avviene nei Paesi avanzati, che dovrebbe solo indicare le linee da seguire e gli scopi da raggiungere. E non scegliere personaggi di secondo piano soltanto fedeli alla linea e abili a svilire il valore dei colleghi!

Invece assistiamo ad ogni tipo di ingerenza e ad un conseguente continuo impoverimento culturale, con i migliori che se ne vanno e con quelli che restano, magari bravissimi, ma che al più mugugnano!

E va sempre peggio!

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