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Giovedì, 28 Set 2023

Se qualche giorno fa Becchi e Zibordi, con un intervento sul sito internet del Sole 24 Ore, basandosi su dati di una fonte inattendibile spacciati per dati Istat, intendevano dimostrare che, in Italia, il numero di decessi nel primo trimestre 2020 fosse addirittura inferiore a quello degli anni precedenti, oggi l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) lancia un allarme di segno opposto, ripreso anche da Milena Gabanelli e Simona Ravizza in Dataroom del Corriere della Sera.

Secondo l’Ispi, in Italia sarebbero morte 20.875 persone in più tra il 1° marzo e il 4 aprile di quest’anno, mentre i decessi ufficialmente attribuiti al Coronavirus nel medesimo periodo sarebbero 15.328, con una sottostima del 36%.

Il 17 aprile scorso l’Istat aveva, però, comunicato che “al momento, dai dati prodotti non è possibile fare alcuna sintesi dell’incremento dei decessi in Italia (così come nelle regioni e nelle province) nei primi quattro mesi del 2020 e alcun confronto con lo stesso periodo del 2019 perché non sono ancora disponibili i dati di tutti i Comuni italiani”.

Come è possibile allora che l’Ispi – citando l’Istat - arrivi a tali cifre?

Di fatto, ha messo impropriamente a confronto – senza specificarlo – l’aumento dei morti in un sottoinsieme di 1.689 Comuni, con quelli per coronavirus di tutta Italia. All’esito delle verifiche, la sottostima dovrebbe essere anche superiore, ma il problema è un altro.

L’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr), aggiornata in tempo quasi reale, annovera al momento 5.936 Comuni, che coprono circa i 3/4 della popolazione italiana. Gli altri, tra cui Roma, ancora stanno lavorando per passare dall’anagrafe comunale a quella unica nazionale. Come riportò la stessa Gabanelli in un recente Dataroom: avrebbe dovuto completarsi entro il 31 dicembre 2014, ma a ottobre 2016 solo l’eroico Comune di Bagnacavallo era entrato in Anpr.

Se l’Anpr fosse completa, si potrebbero ora avere informazioni puntuali, esaustive e tempestive sul numero di decessi, ma visto che anche in questo settore l’Italia sconta un ritardo cronico, il Paese resta in balìa dell’ansia da prestazione di esperti o presunti tali, che vorrebbero anticipare dati che ancora non ci sono.

Di recente, anche il professor Blangiardo, illustre demografo e attuale presidente dell’Istat, nell’analizzare gli scenari sugli effetti demografici del Covid-19 ha formulato 13 diverse ipotesi con un range che va da 34 mila (+5%) a 123 mila (+19%) decessi in più nel 2020. Non è escluso che una di esse si possa avverare.

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