In poco più di una decina d’anni, osserva la Bis nella sua ultima Quarterly review, le emissioni di green bond, ossia di debito collegato a progetti che in qualche modo favoriscono la sostenibilità ambientale, è passata da zero a oltre 2,5 trilioni di dollari, che non è molto, rispetto alla montagna di obbligazioni che circola nel mondo, ma non è neanche poco.
Buona parte di queste emissioni sono avvenute in Europa, che si conferma essere molto sensibile alle tematiche ambientali, e quindi sono denominate in Euro. Stati Uniti e le altre economie avanzate hanno emesso un volume di obbligazioni green all’incirca pari a quello europeo, mentre fra i paesi emergenti è gradualmente emersa la Cina, anche se ancora il volume di obbligazioni è alquanto contenuto.
La nascita dei green bond è una delle conseguenze dell’accordo di Parigi sul clima, che risale al 2015. La Bis si è domandata se a tali emissioni abbia corrisposto un reale beneficio per l’ambiente.
“I risultati – scrive la Banca – indicano che le emissioni di un’azienda diminuiscono e la sua efficienza in termini di carbonio migliora, dopo l’emissione iniziale di un green bond. Ciò suggerisce che le strategie di finanziamento dei green bond definite in senso lato, piuttosto che gli importi associati a qualsiasi specifica emissione di green bond, possono fungere da segnale degli impegni più ampi delle aziende nel rendere più ecologiche le loro operazioni. Ulteriori analisi rivelano che questa migliore performance ambientale è ottenuta principalmente dalle aziende in settori ad alta intensità di carbonio o da quelle che erano grandi emettitori prima dell’emissione del green bond”.
I risultati, insomma, sembrano soddisfacenti. Bisognerà capire se in futuro eventuali cambiamenti nella regolazione di questi strumenti sarà in grado di favorire ulteriormente i processi di decarbonizzazione, specie nelle aziende a più alta intensità di produzioni di inquinanti, che poi sono quelle che più di tutte hanno mostrato vantaggi dall’utilizzo di green bond.
Maurizio Sgroi
giornalista socioeconomico
autore del libro “La storia della ricchezza”
coautore del libro “Il ritmo della libertà”