Poiché siamo in un’epoca di crescente interesse per la politica economica, intesa come la studiata e pianificata intenzione del governo di intervenire sull’economia indirizzandola verso gli obiettivi he ritiene opportuni, vale la pena dedicare un po’ di tempo a un paper pubblicato di recente dal NBER, che ha il pregio di quantificare i risultati ottenuti dagli Stati Uniti con la loro politica di “Buy american”, ossia stimolare le produzioni interne, a discapito delle importazioni, per difendere e creare i posti di lavoro americani, per il tramite di acquisti di beni, per lo più ad opera delle amministrazioni pubbliche, prodotti in America. In pratica, il sogno nazionalista che alberga in ognuno di noi, pagato con la capiente valuta americana.
Sennonché bisogna proprio non badare a spese per trasformare il sogno in realtà. E soprattutto bisogna accettare il fatto che tenere la barra dritta su una siffatta politica si riveli sempre più costoso e chissà quanto profittevole per il settore manifatturiero. Si fa presto a dire di comprare americano. I costi fiscali, alla fine, li pagano sempre i cittadini, anche se questo non viene mai loro detto con chiarezza.
Lascio ai più volenterosi la lettura del paper, davvero istruttivo, e mi limito qui a riportare le tre principali conclusioni alle quali sono giunti gli autori. La prima ha a che fare con il livello di importazioni alle quali si pensava il governo attingesse, che i micro dati dicono essere “molto più piccola di quanto rivelassero i dati aggregati”. Con il divertente corollario che “le presunte violazioni delle disposizioni Buy American non sono così frequenti come hanno affermato i recenti presidenti degli Stati Uniti”.
Il secondo punto è che “il programma ha creato una modesta quantità di posti di lavoro, al massimo 100.000, a un costo di circa 130.000 $ per posto di lavoro”. Si faceva prima, e probabilmente si facevano meno danni, a dare a questi lavoratori un incentivo per mettersi in proprio.
Il terzo punto è che “la futura versione del Buy American probabilmente aumenterà il costo della creazione di posti di lavoro aggiuntivi, sia perché proteggerà le industrie che non utilizzano la manodopera in modo così intensivo, sia perché colpirà più pesantemente le regioni che svolgono un ruolo di primo piano negli appalti pubblici”.
Si stima che il range di costi per posto di lavoro possa oscillare fra il 154.000 e i 237.000 dollari per posto di lavoro. “Abbiamo trovato scarse prove che il Buy American sia una politica industriale efficace”. Chi l’avrebbe mai detto.
Maurizio Sgroi
giornalista socioeconomico
autore del libro “La storia della ricchezza”
coautore del libro “Il ritmo della libertà”
Twitter @maitre_a_panZ