Il giornalista specializzato in ambito scientifico è ormai una specie in via d’estinzione. La carta stampata e la radio, pur non rinunciando ad altre specializzazioni, come ad esempio i giornalisti sportivi, economici, o quelli nelle redazioni dello spettacolo, fa però volentieri a meno di quelli che si occupano di scienza.
Anche nelle scuole di formazione per comunicatori scientifici che ci sono nel mondo, si nota in maniera sempre più evidente che chi si specializza in comunicazione scientifica, avrà come sbocco lavorativo la divulgazione nei musei oppure negli uffici stampa, per esempio. Ma che vada a finire in una testata giornalistica è difficilissimo perché mancano gli spazi dedicati.
Il più grande giornale italiano, il Corriere della Sera, come moltissime altre prestigiose testate nel mondo, ha perso la pagina scientifica. L’inserto è completamente scomparso.
Gli editori pensano che il giornalista scientifico sia uno di quelli che può essere sostituito da un qualsiasi bravo inviato della redazione, anche se non specialista della materia, ma che si fa comunicatore della scienza quando occorre. A ciò contribuisce, naturalmente, anche la crisi della carta stampata.
E’ sempre e solo una questione economica o di formazione culturale?
Lo abbiamo chiesto a Giovanni Caprara, presidente dell’Unione giornalisti italiani scientifici (Ugis) e firma storica del Corriere della Sera. (A cura di Sonia Topazio)
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