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Lunedì, 04 Dic 2023

Il Garante per la Protezione dei Dati Personali (GPDP/Garante Privacy) dà notizia, con la Newsletter pubblicata in data odierna, di un importante provvedimento, adottato il 6 luglio scorso, in base al quale il dipendente ha diritto di accesso ai propri dati personali, anche a quelli contenuti nella relazione di un’agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro di raccogliere informazioni sul conto del medesimo dipendente.

Il Garante, infatti, come leggesi nel predetta Newsletter, ha accertato l’illiceità del trattamento dei dati effettuato da parte di un'azienda di servizi di pubblica utilità, sanzionandola con una multa di 10mila euro.

L’Autorità è intervenuta a seguito del reclamo di un dipendente che non riusciva ad ottenere completo riscontro alle richieste di accesso ai propri dati personali, avanzate dopo il ricevimento di una contestazione disciplinare nella quale erano contenuti puntuali riferimenti ad attività extra lavorative, cui era seguito il licenziamento.

Alle diverse istanze dell'interessato, l'azienda aveva infine risposto che le richieste erano "troppo generiche" ed era necessario indicare "nel dettaglio" le informazioni alle quali si chiedeva l’accesso.

Inoltre, solo a distanza di quasi un anno dalla prima richiesta e in occasione della costituzione dell'azienda nel giudizio di impugnazione del licenziamento, il dipendente era venuto a conoscenza dell’esistenza e del contenuto della relazione investigativa dalla quale erano stati tratti riferimenti specifici inseriti nella contestazione disciplinare.

Nel provvedimento, il Garante ha stabilito che l’azienda aveva l’obbligo di fornire al lavoratore tutti i dati raccolti con la relazione investigativa, anche quelli che non erano stati trasferiti nella contestazione disciplinare (fotografie, una rilevazione Gps, descrizioni di luoghi, persone e situazioni), conformemente agli artt. 12 e 15 del Regolamento. Informazioni che, in ipotesi, avrebbero anche potuto essere utili per l’esercizio del diritto di difesa.
Inoltre, l’azienda, nei riscontri forniti al lavoratore, non aveva fatto cenno alla relazione investigativa né motivato in alcun modo il diniego di accesso ai dati contenuti in questo documento, violando in tal modo anche il principio di correttezza.

L’Autorità, quindi, ricordando che il titolare del trattamento è tenuto a fornire l'accesso ai dati personali dell'interessato in forma completa e aggiornata - indicando anche l'origine dei dati qualora non siano raccolti direttamente dal titolare del trattamento presso l'interessato - ha irrogato all’azienda una sanzione di cui sopra.

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