Il 7 febbraio 2017, sulla rivista Scientific Reports, sono stati pubblicati i risultati di una ricerca, che apre nuove porte nella diagnostica biomedica grazie alla possibilità di raccogliere immagini di zone profonde dei tessuti.
La luce è il mezzo più comune ed efficace per ottenere informazioni strutturali e quantitative su campioni biologici, come per esempio tessuti e cellule.
Tuttavia, la luce è anche soggetta ai fenomeni di diffrazione e scattering che limitano il potere di ingrandimento e di risoluzione degli strumenti diagnostici esistenti.
Un team di ricercatori del Dipartimento di Fisica della Sapienza e del Center for Life Nano Science dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit), ha sviluppato nuovi fasci, rinominati “light droplets”, capaci di mantenere all’interno dei tessuti biologici la risoluzione ottimale.
“Attualmente, un normale sistema di microscopia riesce a fare un imaging ad alta risoluzione spaziale solo fino a qualche centinaia di micron in profondità” - commenta Giuseppe Antonacci, ricercatore dell’IIT e coordinatore dello studio – “con i ‘droplets’ ci sarà la possibilità di osservare regioni all’interno del campione anche a fino a qualche millimetro in profondità mantenendo la stessa risoluzione data dalle normali tecniche di imaging”.
La scoperta è stata realizzata attraverso l’utilizzo di Spatial Light Modulators (SLM), dei particolari display a cristalli liquidi nematici che modulano fase e ampiezza della luce che li colpisce. “Questi modulatori permettono di creare fasci luminosi con strutture impensabili in passato – spiega Giuseppe Di Domenico del Dipartimento di Fisica della Sapienza – Abbiamo appena iniziato ad esplorarne le possibilità e siamo molto ottimisti”.
I ricercatori sono riusciti a confrontare la situazione ottenuta con un normale fascio di luce focalizzato da una lente, con quella ottenuta tramite la generazione di fasci “droplets”, questi ultimi rilevati fino a qualche millimetro in profondità rispetto al normale fascio Gaussiano.