Giornale on-line fondato nel 2004

Giovedì, 25 Apr 2024

La Cina crescerà del 6,5% quest’anno, dice il premier Li Keqiang, illustrando i piani economici del governo che mostrano con chiarezza come il paese stia tentando, lentamente, di normalizzare un’economia drogata dal credito e dagli investimenti pubblici. E tuttavia nello stesso giorno in cui il primo ministro parla delle previsioni di crescita, l’agenzia Nuova Cina fa sapere che la spesa militare, sempre per quest’anno, supererà per la prima volta i mille miliardi di yuan: per la precisione, 1.040 miliardi, pari a circa 152 miliardi di dollari. Un aumento del 7% della spesa militare, rispetto all’anno scorso, che vale circa l’1,3% del Pil.

Di questa delicata materia, che coinvolge risorse enormi e relazioni geopolitiche complesse, il premier non ha parlato granché, limitandosi a confermare che il governo vuole rafforzare la difesa marittima e aerea, proseguendo così in un percorso di incremento delle spese militari, cresciute a doppia cifra dal 2009 in poi, per scendere al +7,6% nel 2016 e al 7% di quest’anno.

Si potrebbe credere, osservando questi dati, che tali spese siano il necessario contrappasso per chi voglia completare il processo di formazione di grande potenza, status al quale la Cina ormai ambisce apertamente e con buon diritto, trattandosi della seconda economia mondiale e della prima potenza regionale. E tuttavia saremmo in errore.

La crescita straordinaria della spesa per armamenti non riguarda solo la Cina, ma è comune a territori che nessuno immaginerebbe mai impegnati in un procacciamento attivo di materiale bellico. Il Qatar, ad esempio, fra il 2007 e il 2011 ha aumentato del 245% le sue importazioni di armi, ben al di sopra della media dell’86% riportata dai paesi del Medio Oriente nello stesso periodo. Il mestiere delle armi, per ricordare un bellissimo film di Ermanno Olmi, seduce ancora i governanti di tutto il mondo. Ma il mestiere di mercanti di armi ancor di più.

Questo grafico, estratto dal una recente release del Sipri, lo Stockholm International Peace Research Institute, mostra con chiarezza il trend crescente degli ultimi anni dei trasferimenti di grandi armamenti.

Come si può notare, neanche gli anni della crisi hanno invertito l’andamento positivo dei trasferimenti transfrontalieri di armi. Il mercato delle armi è probabilmente uno dei pochi settori sopravvissuto al crollo del commercio globale del 2009. La crisi, anzi, se possibile, gli ha pure giovato. Le vendite, dopo esser declinate per buona parte degli anni tra l‘80 e il ‘90, si sono stabilizzate nei primi anni 2000 per inaugurare un percorso di crescita che dura ininterrotto dal 2004. Anzi, “i trasferimenti di grandi armamenti nel quinquennio 2012-16 hanno raggiunto il loro volume più elevato per un quinquennio dai tempi della guerra fredda”, sottolinea il Sipri. E questo suona vagamente inquietante.

La gran parte di questo aumento si deve alla straordinaria domanda arrivata dalla regione di Asia e Oceania, che ha più che compensato il calo di domanda dell’Europa. La Cina si è segnalata come una delle importatrici più attive, ma in cima alla classifica degli acquirenti troviamo l’India, che, sempre nel quinquennio, ha assorbito il 13% dell’import globale, aumentando del 43% i suoi acquisti e ponendosi ben oltre i suoi rivali regionali, ossia Cina e Pakistan. La Cina è solo quarta per acquisti di armi, preceduta dall’Arabia Saudita, che pesa per l’8% dell’import globale, e dagli Emirati Arabi Uniti. Ma la Cina si segnala anche per un’altra ragione, più sistemica: non è soltanto un’avida acquirente, ma anche una grande esportatrice. Ed è qui che il discorso si fa interessante.

In un un mondo di esportatori ancora prepotentemente dominato dagli Usa, che negli ultimi cinque anni hanno conquistato il 33% del mercato delle esportazioni, mentre la Russia ha visto ridursi la sua quota al 23%, la Cina ha visto crescere il suo export di armi del 74% dal quinquennio 2007-11 a quello 2012-16. Sicché oggi è proprio la Cina ad aver conquistato il posto di terzo grande esportatore dopo Usa e Russia, con il 6% di quota di mercato, aggiungendo questo risultato al suo già nutrito medagliere. Un risultato che ha importanti ricadute geopolitiche.

Vendere armi, così come anche vendere petrolio, non è – o almeno non soltanto – un affare economico. Si tratta di strumenti di potere, che cementano alleanze o dissensi. Non è certo un caso, ad esempio, che un terzo dell’export cinese vada al Pakistan, che non è certo il miglior amico dell’India. e un altro quinto lo venda al Bangladesh, che pur poverissimo trova sempre il denaro per le armi, e poi al Myanmar. Così come non è certo un caso che la Cina veda crescere rapidamente le proprie esportazioni verso l’Africa, un paese col quale i cinesi stanno allacciando relazioni commerciali profonde e che, dal lato dell’export di armamenti, ormai vale il 22% del totale. Sipra ha accertato che la Cina ha venduto armi a 44 paesi, negli ultimi anni, alcuni dei quali ricadenti nell’orbita dell’Unione sovietica, e questo rischia di innervosire la Russia, che infatti ha perso quote di mercato.

A fronte di questo notevole progresso, la Cina ha mantenuto la sua importanza come grande importatore, come abbiamo visto, ed è interessante notare che il 57% del suo import arriva dalla Russia, storica amica-nemica, il 16% dall’Ucraina e il 15% dalla Francia. Quest’ultima appartiene al club ristrettissimo di paesi – appena cinque – che fanno da soli il 74% dell’export globale Abbiamo già detto del primato degli Usa, seguiti dalla Russia, quindi dalla Cina. La Francia precede di poco la Germania che chiude il quintetto e disegna un profilo geopolitico complesso, connotandosi il mercato delle armi per un’accesa concorrenza che non è semplicemente economica, ma soprattutto di influenza. Questo grafico offre una vista più ampia.

Il mestiere di fare affari con le armi, insomma, ha più a che fare con la politica estera che con la politica economica, anche se quest’ultima, certo, ha il suo peso. Basta ricordare le dichiarazioni recenti di Trump circa l’intenzione del governo Usa di aumentare di altri 54 miliardi di dollari le spese militari e osservare l’entusiasmo che ha scatenato in un mondo di produttori ancora saldamente in maggioranza statunitensi. Ecco quali sono le dieci principali compagnie produttrici.

Come vedete, c’è anche la nostra Finmeccanica, ma come si osserva dalla quota di profitti, è un nano che si accompagna con giganti, a cominciare da quelli statunitensi, che hanno visto crescere il loro export del 21% nell’ultimo quinquennio rispetto al precedente, con quasi la metà di queste esportazioni acquistate dal Medio Oriente. Ma non solo: gli Usa forniscono armi ad almeno 100 paesi, secondo il Sipri.

Seguire il mercato delle armi serve anche a capire la temperatura dei conflitti nel mondo e, soprattutto, quelli prevedibili. I dati, ad esempio, mostrano che l’Algeria è stata la maggiore importatrice di armi fra i paesi africani, col 46% del totale dell’import, mentre nella zona sub sahariana sono stati Nigeria, Sudan ed Etiopia, tutte zone di conflitto.

Nell’America Latina, invece, si segnala la notevole crescita delle importazioni del Messico, aumentate del 184% nel quinquennio 2012-16 rispetto al precedente. E anche qui non serve essere esperti di armamenti per sapere da dove le abbiano acquistate.

Al contrario, l’Europa ha diminuito le sue importazioni. Dovrebbe rassicurarci, ma in un mondo che spende sempre di più per le armi, rischia di fare l’effetto opposto.

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

giornalista socioeconomico - Twitter @maitre_a_panZer

L’articolo è stato pubblicato anche su Crusoe, newsletter in abbonamento prodotta da Slow News.

 

 

empty alt

Ex base Nato di Monte Giogo, presto in concessione al Parco nazionale dell’Appennino

La Direzione toscana del Demanio ha ufficialmente comunicato al Parco nazionale dell’Appennino...
empty alt

Venosa, splendido territorio ricco di tracce del passato, ceramiche e pregiati vini

In groppa alla docile mula “Bellina”, sulla “vardedda” zio Pasqualino, due “panari” di uova della...
empty alt

Licenziamento illegittimo se il dipendente comunica solo all’Inps il nuovo domicilio

Con ordinanza n. 838/2024, pubblicata in data 28 marzo scorso, la Corte di cassazione - sezione...
empty alt

“Confidenza”, il film della settimana proposto dal Foglietto

Confidenza, tratto dall’omonimo romanzo di Domenico Starnone (Edito da Einaudi), regia di Daniele...
empty alt

“Università e militarizzazione” ovvero “Il duplice uso della libertà di ricerca”

Università e militarizzazione – Il duplice uso della libertà di ricerca di Michele Lancione – Eris Edizioni...
empty alt

Conti pubblici, tutti i numeri di una emorragia sempre più inarrestabile

Negli ultimi quattro anni, complice anche la sospensione delle regole europee di contenimento...

Ti piace l'informazione del Foglietto?

Se ti piace quello che leggi, puoi aiutarci a continuare il nostro lavoro sostenendoci con quanto pensi valga l'informazione che hai ricevuto. Anche il costo di un caffè!

SOSTIENICI
Back To Top