Mentre vengono resi noti i risultati delle nuove abilitazioni scientifiche nazionali (ASN), viene da chiedersi perché larga parte dei professori associati in possesso dell’ASN conseguita nelle tornate 2012 e 2103 non abbia ancora preso servizio in qualità di professore ordinario.
Se il motivo è di natura finanziaria, come si sostiene diffusamente, non si capisce perché il sistema delle abilitazioni non sia rivisto e, soprattutto, perché si continui ad applicarlo producendo nuovi abilitati.
Sembra invece più realistico ritenere che la generalizzata progressione di carriera dei professori associati abilitati sia vista come una minaccia – più che per le casse dello Stato – per la sopravvivenza di una governance accademica consolidata. Non stupisce, quindi, che questa progressione sia ostacolata dal mantenimento di meccanismi e strumenti (programmazioni dipartimentali, punti-organico e vincoli di bilancio, concorsi post-abilitazione!) che, di fatto, rimettono al gradimento di potentati locali lo “scatto” di docenti abilitati a livello nazionale.
Se, come tante volte sbandierato, l’ASN ha certificato per la prima volta, secondo parametri predeterminati, il merito ed il rendimento scientifico-didattico dei professori associati, il Governo dovrebbe coerentemente garantire che tutti gli abilitati siano inquadrati nelle funzioni per le quali hanno conseguito l’abilitazione.
Ogni soluzione diversa continuerà, da una parte, a rimpallare i professori associati abilitati tra ostacoli di varia natura (reali o strumentali che siano) e, dall’altra, a vanificare il sistema delle abilitazioni, svilendo tutte le figure professionali coinvolte e riducendo ulteriormente la credibilità sia del sistema universitario che delle azioni svolte dal Governo in questo campo.
Luca Marini - Professore associato nella Sapienza di Roma, già vice presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica