Aspettando il Re di Tom Tykwer, con Tom Hanks, Tom Skerritt, Sarita Choudhury, Sidse Babett Knudsen, Alexander Black, Dhaffer L'Abidine, Michael Baral, durata 98’, nelle sale dal 15 giugno 2017, distribuito da Lucky Red.
Recensione di Luca Marchetti
Tratto da A Hologram for the King, fortunato romanzo di Dave Eggers (romanziere di Boston apprezzato per la sua capacità di raccontare in modo originale le derive della nuova America iper-tecnologizzata), Aspettando il Re segna la nuova collaborazione tra il regista tedesco Tom Tykwer e l’attore Tom Hanks, qui nei panni del frustrato e alienato protagonista.
Il film, infatti, racconta il viaggio d’affari di Alan Clay, venditore di mezza età pronto a piazzare al ricchissimo re dell’Arabia Saudita un avveniristico sistema di comunicazione basato su ologrammi. Purtroppo, il Re saudita è irrintracciabile e presto quello che Clay immaginava essere un breve e fastidioso soggiorno di lavoro diventa una snervante attesa in un paese sconosciuto. Gli incontri con il simpatico conducente Yousef e l’enigmatica dottoressa Zahra permetteranno all’uomo di superare le proprie ansie, aprendolo a questo nuovo mondo e a una nuova consapevolezza di sé.
Chi conosce i romanzi di Eggers sa che la sua scrittura evocativa e il suo stile schizofrenico sono qualcosa di difficilmente adattabile sul grande schermo, specie per un autore visivamente limitato. Tykwer, ben consapevole dei rischi dell’operazione (non a caso è stato il regista che ha portato al cinema Profumo, il romanzo “infilmabile” di Patrick Süskind) sceglie di trasmettere, se non l’espressività, almeno lo spirito del materiale di partenza.
Aiutato dalla prova di Hanks, più convinto del solito, il regista sembra nelle prime scene aver centrato l’obiettivo. Il folle inizio sulle note di Once in a Lifetime dei Talking Heads, inno della crisi sociale e emotiva dell’americano medio, ha la forza di proiettarci subito nell’essenza della storia, la discesa (e ascesa) di un uomo nel bilancio spassionato della propria esistenza. Le fotografie iniziali di un mondo ancora misterioso (nonostante la sua importanza politica mondiale) come quello dell’Arabia Saudita regalano, in più, un’ottima atmosfera esotico-simbolica che potrebbe far sperare in un’opera intelligentemente equilibrata tra l’ironia sociale e la poesia intimista.
I buoni propositi della prima mezzora di Aspettando il Re, però, hanno vita breve e lasciano lo spazio a una narrazione banale e piatta, troppo ancorata alla semplice trama. Tykwer, infatti, palesemente incapace di stare al passo con lo stile di Eggers, dopo aver provato a seguirne la strada, sceglie la scorciatoia della love story, trasformando la profonda resa dei conti esistenziale di Hanks in una vicenda già vista, in un corteggiamento tra due solitudini.
La satira sulla crisi dell’industria americana, sulle folli derive della globalizzazione, la bromance tra l’imprenditore americano e il folle ex-tassista arabo e persino l’interessantissimo sguardo del pesce fuor d’acqua sulle singolarità dell’universo saudita, sono tutti elementi accennati per attirarci “nella trappola” e presto messi da parte per una linearità narrativa tediosamente inaccettabile.
Il risultato di questa (voluta?) implosione di Tykwer, non solo costringe Tom Hanks a vagare stancamente tra il deserto e il suo albergo ultra-moderno, ma ha anche la colpa di rappresentare in modo favolistico e vergognosamente utopico una realtà che, davvero, avrebbe meritato un approccio più lucido e sincero.
Critico cinematografico