Tanto tuonò che piovve. Alla fine, tutto dimostratosi vano, i docenti e i ricercatori universitari hanno deciso di scioperare.
Brandendo l’arma estrema, essi confidano di raggiungere un duplice obiettivo: il riconoscimento almeno giuridico degli scatti di stipendio bloccati per il quinquennio 2011-2015 e la decorrenza anche economica dello “sblocco” dal 2015 e non dal 2016.
Per noi del Foglietto, che della vicenda ci siamo occupati ab initio e in diverse occasioni, da ultimo lo scorso 1° dicembre, si tratta una lotta giusta e sacrosanta.
L’attuale protesta, dilagata in 79 Università e enti di ricerca, a partire dagli atenei di Bologna, Roma Tre e Federico II di Napoli, ha preso l’avvio da un documento ideato da Carlo Vincenzo Ferraro, ordinario del Politecnico di Torino, che ha raccolto oltre cinquemila firme di professori e ricercatori universitari.
Tutto si può dire, tranne che lo sciopero (che comporterà l’astensione dallo svolgimento degli esami di profitto nelle Università nel periodo dal 28 agosto al 31 ottobre) annunciato possa essere fatto passare per un’iniziativa intempestiva o inopportuna, tanto inattesa quasi come un fulmine a ciel sereno. Infatti, come la conversione dell’Innominato nei Promessi Sposi, questo sciopero, lungi dall’essere repentino, è andato maturando da tempo, forse da troppo, visto che la vertenza si trascina dal 2014, anno a partire dal quale i professori, sempre con Ferraro a suonare la carica, hanno cominciato a rappresentare le loro doglianze, scrivendo, e non una volta sola, alle più alte cariche dello Stato, rimaste sorde a ogni appello.
Da sottolineare, poiché non capita spesso, che, con grande senso di responsabilità, al fine di non creare eccessivo disagio agli studenti, i docenti si sono premurati di assicurare che la protesta non avrà ricadute sugli esami di laurea programmati né sulle attività istituzionali previste nel periodo dello sciopero. In ogni caso, verrà garantita la tenuta di almeno un appello degli esami di profitto nell’ambito del periodo, eventualmente attraverso la richiesta agli Atenei di fissarne uno straordinario.
Al di là delle pur comprensibili preoccupazioni degli studenti, si tratta, come si vede, di modalità conflittuali che più non potrebbero essere rispettose “del diritto degli utenti di avere servizi ridotti ma non annullati”, come si legge appunto nel documento vergato da Ferraro. Dinanzi al fin de non reçevoir del precedente titolare del Miur, come anche dell’attuale, per chiunque sarebbe stato veramente difficile, del resto, individuare la percorribilità di strade diverse da quella dello sciopero. Al quale, per quanto ci riguarda, auguriamo tutto il successo che merita.