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Giovedì, 28 Mar 2024

Nel 5° Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia troviamo interessanti notizie anche in materia di agricoltura biologica (e relative frodi). La normativa principale in materia è quella contenuta nel Regolamento della Comunità europea n.834/2007, anche se la prima disciplina risale agli anni novanta (Regg. CE n.2092/91; n.2078/92; n.1084/99). Dal 2010, esiste un marchio UE, che indica che il prodotto contiene almeno il 95% di ingredienti biologici. Inoltre, i prodotti biologici devono indicare i paesi di origine delle materie prime. Sull’etichetta è, perciò, presente il logo, il numero di codice dell’autorità o dell’organismo di controllo e l’origine delle materie prime.

Facendo riferimento a metodi di coltivazione e di allevamento che ammettono solo l’impiego di sostanze naturali, escludendo, quindi, l’utilizzo di sostanze di sintesi chimica. Le aziende “bio” sono sottoposte a un’ispezione prima dell’avvio delle coltivazioni e a controlli periodici volti a verificare il rispetto dei dettati normativi imposti nei processi di coltivazione e produzione. Nel nostro paese, gli organismi che eseguono i controlli e rilasciano la certificazione delle produzioni biologiche sono 14, riconosciuti con DM Politiche Agricole e sottoposti, a loro volta, alla vigilanza dello stesso Ministero e delle Regioni.

L’agricoltura biologica ha fatto registrare una forte espansione negli ultimi anni. Secondo dati relativi al 2015, il biologico rappresenta il 12% del totale della superficie coltivata in Italia. Quanto agli orientamenti produttivi, al primo posto si collocano le colture foraggere, seguite da prati e pascoli e da cereali. Notevoli incrementi si sono registrati anche nelle produzioni animali, sicché le vendite del biologico hanno segnato un +20% rispetto al 2014. E’ facile così concludere che l’agricoltura biologica è più redditizia di quella convenzionale e, di conseguenza, rappresenta un settore esposto a condotte di tipo fraudolento finalizzate a massimizzare i profitti.

Una delle frodi alimentari più diffuse in campo “bio” è rappresentata dalla produzione e dal commercio di prodotti ottenuti con tecniche agricole tradizionali ma spacciati per biologici, azioni rese possibili anche dall’attuale sistema dei controlli e del rilascio delle certificazioni di prodotto biologico. In Italia, tali verifiche sono affidate a organismi di controllo privati, che rilasciano le certificazioni previo pagamento da parte dell’azienda richiedente, generando così un evidente conflitto di interessi. Il problema delle false certificazioni è poi connesso anche alle importazioni di prodotti agricoli spacciati per biologici da paesi terzi dove non vige un sistema di controlli strutturato come quello europeo.

Nelle indagini di polizia compiute in questi ultimi anni, è emerso che i prodotti falsamente certificati come biologici erano prevalentemente sforniti dei requisiti richiesti per la qualificazione del prodotto “bio” e in taluni casi erano addirittura ottenuti con il contributo di OGM, o contaminati con principi attivi chimici vietati in agricoltura biologica e talvolta con concentrazioni in misura eccessiva rispetto a quelle consentite per le coltivazioni di tipo convenzionale.

Il sistema fraudolento prevedeva, inoltre, la creazione di aziende produttrici (sotto il controllo o di diretta emanazione delle aziende importatrici) strategicamente posizionate in paesi terzi, affiancando alle stesse compiacenti organismi di “controllo” paralleli, nazionali ed esteri, incaricati di svolgere le verifiche propedeutiche alla certificazione dei metodi di agricoltura biologica, costituiti tra l’altro in società autonome o filiali aventi sedi reali o fittizie, ma sempre strettamente collegate (e cointeressate) con le aziende produttrici e importatrici. Inoltre, in alcuni casi, l’importazione dei prodotti veniva triangolata mediante una compiacente società maltese, creata ad hoc.

Il sistema di triangolazione, in ogni caso, risultava molto proficuo per i soci, al fine di europeizzare le merci provenienti dalle società compiacenti ubicate in territorio extra UE e, quindi, commercializzarle liberamente nella Comunità Europea senza ulteriori controlli e certificazioni.

Tuttavia, le frodi riguardanti il falso biologico hanno, in molti casi, origine sul territorio nazionale, come è avvenuto per le condotte fraudolente commesse da alcuni agricoltori che hanno utilizzato diserbanti non ammessi in agricoltura biologica allo scopo di aumentare le rese per ettaro, dato che il riso “bio” ha un valore di mercato pari a circa il triplo rispetto a quello prodotto in agricoltura convenzionale.

Occorre, infine, precisare che il settore dell’agricoltura biologica si presta anche all’illecita percezione di finanziamenti pubblici destinati all’avvio e allo sviluppo di colture biologiche, con conseguenti danni all’erario.

5 – continua

roberto.tomei@ilfoglietto

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