Quanti si aspettavano dal Governo un Disegno di Legge di bilancio 2018 che prevedesse, finalmente, interventi adeguati per eliminare la grave piaga del precariato, che da troppo tempo affligge università ed enti di ricerca, è rimasto profondamente deluso.
L’art. 56 del DDL, giunto in Senato alcuni giorni fa, dal titolo Assunzione di nuovi ricercatori nelle università e negli Enti Pubblici di Ricerca, infatti, testualmente recita:
“Al fine di sostenere l’accesso dei giovani alla ricerca, l’autonomia responsabile dell’università e la competitività del sistema universitario e della ricerca italiano a livello internazionale, il Fondo per il finanziamento ordinario delle università … è incrementato di 12 milioni di euro per l’anno 2018 e di 76,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019, per l’assunzione di ricercatori di cui all’art, 24, comma 3, lettera b) della legge 30 dicembre 2010, n. 240 e per il conseguente e eventuale consolidamento nella posizione di professore di seconda fascia” e, a seguire, “il Fondo ordinario per il finanziamento degli enti e istituzioni di ricerca … è incrementato di 2 milioni di euro per l’anno 2018 e di 13,5 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, per l’assunzione di ricercatori negli enti pubblici di ricerca …”.
Si tratta di finanziamenti assolutamente insufficienti, che dimostrano, ancora una volta, quanto la ricerca scientifica pubblica nel nostro paese venga calcolata dal potere esecutivo, pronto ad esaltarne, a parole, ruolo, funzioni e priorità, salvo, alla prova dei fatti, considerarla, in termini di risorse, l’ultimo dei settori da finanziare.