Non si può parlare di mobbing se il datore di lavoro lascia un dipendente completamente senza lavoro.
La conferma di quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Messina nel 2011 è giunta dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 27444/2017, pubblicata il 20 novembre 2017.
I giudici della Suprema Corte, nel respingere il ricorso proposto dal dipendente pubblico “estromesso” da ogni e qualsiasi attività lavorativa, pur continuando a percepire un regolare stipendio, ha ribadito quanto già affermato in precedenti decisioni e cioè che, ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro rilevano i seguenti elementi, il cui accertamento costituisce un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se logicamente e congruamente motivato: a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio - illeciti o anche leciti se considerati singolarmente - che, con intento vessatorio, siano posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi; b) l'evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente; c) il nesso eziologico tra le descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità; d) l'elemento soggettivo, cioè l'intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi.
"Elementi questi - puntualizza la Cassazione - che il lavoratore ha l'onere di provare (ma che, nel caso di specie, non ha dimostrato, ndr), in applicazione del principio generale di cui all'art. 2697 cod. civ., e che implicano la necessità di una valutazione rigorosa della sistematicità della condotta e della sussistenza dell'intento emulativo o persecutorio che deve sorreggerla.
Questa decisione che, come tutte le sentenze, va rispettata, ci induce a fare una semplice domanda a chi di dovere: pagare mensilmente uno stipendio a un dipendente pubblico senza richiedere allo stesso alcuna prestazione lavorativa rappresenta o no un palese danno erariale?
Se, come crediamo, la risposta è sì, chi deve sollecitare l’intervento della Corte dei conti affinché i responsabili vengano chiamati a risarcire il danno arrecato alle pubbliche finanze?