La giurisprudenza sui segni di riconoscimento negli elaborati delle prove scritte dei concorsi si è arricchita di recente di un’altra pronuncia, la n.347 del 10 novembre 2017, ad opera del Tar Friuli Venezia Giulia.
Nello specifico, la controversia ruotava intorno al provvedimento di mancata ammissione di un candidato alle prove orali per l’esame di avvocato. Detto provvedimento, impugnato dal ricorrente, è stato annullato dal giudice amministrativo, che ha ritenuto manifestamente fondato il ricorso.
Diversamente da quanto opinato dalla commissione di concorso, che aveva adottato il provvedimento di non ammissione in conseguenza dell’uso del bianchetto con sovrascritta da parte del candidato, tale circostanza, per il giudice, non è idonea in astratto a fungere da elemento di identificazione del candidato stesso.
Nel caso di specie, secondo il Tar, l’uso del bianchetto rientra tra “gli strumenti di correzione che appaiono del tutto connaturati al tipo di prove d’esame, in relazione sia alla notoria difficoltà delle stesse, sia alla pressione psicologica cui l’esaminando è soggetto in ragione dell’importanza che esse rivestono per l’evoluzione della vita professionale”.
L’uso reiterato del bianchetto, insomma, rientra nella norma e non viola la regola dell’anonimato, in quanto non assume un carattere oggettivamente e incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta. La sentenza si commenta da sé.
E’ appena il caso di dire che le conclusioni del giudice friulano non ci convincono affatto. Speriamo, perciò, che la sentenza de qua rimanga un caso isolato e non costituisca precedente per altre pronunce dello stesso tenore.