L’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali con i suoi 1,7 miliardi di indotto l’abbiamo “concessa” agli olandesi, mentre il mondiale di calcio e tutti i sui investimenti milionari li abbiamo “lasciati” agli svedesi.
La ricerca scientifica però è ancora in Italia, abbiamo eccellenze da sud a nord. Le Università e gli Irccs, tra mille difficoltà, sfornano pubblicazioni e brevetti. Gli italiani all’estero, certe volte, tornano e ci riportano la scienza e know-how: esemplare il recentissimo rientro del professor Paolo Fiorina.
Fiorina, Assistant professor alla Harvard Medical School, era al Boston Children’s Hospital da 12 anni. Ora è al Pediatric Clinical Research Center Romeo ed Enrica Invernizzi di Milano, dove dirige il Centro di riferimento internazionale per il diabete mellito di tipo 1. Il diabete è una patologia sulla quale il suo gruppo di ricerca ha firmato metà degli studi di terapie precliniche oggi disponibili nel mondo. Fiorina è riuscito ad ottenere la remissione del diabete di tipo 1 in un modello murino tramite l'infusione di cellule staminali ematopoietiche ingegnerizzate per aumentare la sintesi di PD-L1, una proteina che il professore italiano e i co-autori del paper scientifico hanno dimostrato essere carente nelle staminali ematopoietiche di soggetti affetti da diabete. Una concreta speranza per milioni di malati.
Se vogliamo tenerci i nostri ricercatori e far rientrare quelli dall’estero, servono anche i finanziamenti al Trasferimento Tecnologico. La piattaforma ITAtech (vedere articoli del Foglietto del 9, 16 e 23 novembre 2017) servirebbe proprio a questo. E, a parte la follia autolesionista di valutare pure gestori non italiani per investire i soldi degli italiani nella ricerca del Paese, è importante agire in fretta.
Il malato, il Tech Transfer, è grave. Per uno scienziato che rientra, centinaia di ricercatori vanno in Francia, Germania o oltre oceano.
ITAtech pare abbia almeno 200 milioni pronti per coprire le esigenze di scienziati e ricercatori per trasformare intuizioni da laboratorio in farmaci e terapie con ricadute sui pazienti. ITAtech, in un anno di intensissimo lavoro (!?!) ha selezionato un solo operatore - almeno è italiano - per investire nell’innovazione dell’automation (l’Università di Pisa e la Federico II di Napoli tra i beneficiari). L’investimento è pari a 30 milioni (più altri 10 se i primi 30 verranno spesi in quattro anni). Solo il 15% delle risorse sono state, quindi, messe in circolo finora. Una dose decisamente troppo bassa per far riprendere il malato.
Insomma, non conta solo l’annuncio di 200 milioni di euro, conta anche il passo, la tempistica con cui queste risorse sono messe al servizio della ricerca: 200 milioni in un anno possono avere un effetto shock, se diluiti in 3 o 4 anni sono più simili ad una cura palliativa.