Mentre continua la corsa contro il tempo all’Aran per “sfornare”, dopo ben 8 anni di blocco, il contratto del pubblico impiego per il triennio 2016-2018, con le retribuzioni inchiodate all’anno 2009, si cominciano a fare i conteggi degli arretrati che gli oltre 3,2 milioni di pubblici dipendenti dovrebbero trovare in busta paga, a saldo del biennio 2016-2017, alla vigilia della tornata elettorale, come auspicato e sollecitato dalle forze politiche di governo. Un’impresa assai ardua, che richiederebbe la chiusura delle trattative entro la fine dell’anno, per consentire, poi, l’acquisizione del nulla osta sia da parte del ministero dell’economia che della Corte dei conti.
Si tratta, in media, di meno di 600 euro lordi, pari a 9 euro per 13 mensilità, per il 2016, e a 27 euro per altrettante mensilità, per il 2017. Una cifra a dir poco irrisoria che, al netto delle ritenute, sarà di poco superiore ai 400 euro.
Quanto all’incremento a regime che decorrerà in busta paga dal 1° gennaio 2018, bisognerà attendere la firma dei contratti di tutti e quattro i comparti (Sanità, Funzioni centrali, Funzioni locali, Istruzione e Ricerca) per vedere come verranno erogati gli 85 euro lordi (circa 60 netti, pari a 2 euro al giorno), che secondo gli indirizzi del governo dovrebbero essere distribuiti in maniera da tutelare maggiormente i redditi più bassi.