Svolgere un’attività lavorativa mentre si è assenti dall’ufficio per malattia, non giustifica il licenziamento ove il dipendente agisce, comunque, nel rispetto dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà.
A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – con sentenza n. 27333, pubblicata il 17 novembre 2017 (Pres. Nobile, Rel. De Marinis).
Per gli Ermellini di piazza Cavour, infatti, “il comportamento del dipendente che presti attività lavorativa durante il periodo di assenza per malattia può costituire giustificato motivo di recesso da parte del datore di lavoro ove esso integri una violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, configurabile allorché il comportamento medesimo sia di per sé sufficiente a far presumere l'inesistenza dell'infermità addotta a giustificazione dell'assenza, dimostrando una sua fraudolenta simulazione o quando, valutato in relazione alla natura ed alle caratteristiche dell'infermità denunciata ed alle mansioni svolte nell'ambito del rapporto di lavoro, sia tale da pregiudicare o ritardare, anche potenzialmente, la guarigione ed il rientro in servizio del lavoratore, con violazione dell'obbligazione preparatoria e strumentale rispetto alla corretta esecuzione del contratto …”.
Poiché, nel caso di specie, il lavoratore non aveva simulato lo stato di malattia e l’attività lavorativa svolta non aveva né pregiudicato né ritardato la guarigione, il licenziamento deve considerarsi illegittimo.