Con sentenza n. 279 del 9 gennaio 2018, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – (Pres. Nobile, Rel. Pagetta) ha respinto il ricorso di un’azienda avverso la decisione della Corte di Appello che aveva confermato l’illegittimità della sanzione disciplinare (sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per un giorno) inflitta a un proprio dipendente, che si era recato al lavoro nonostante fosse stato collocato in ferie d’ufficio.
Per i giudici, infatti, l’inosservanza della disposizione con la quale il dipendente era stato posto in ferie non costituisce insubordinazione e non determina lesione dell’obbligo di fedeltà. Perché violazione ci sia, è necessario che tale inosservanza sia prevista dal codice di comportamento. Circostanza che il datore di lavoro, invece, non ha provato in giudizio.
Dunque, al lavoratore, che per il suo attaccamento all’azienda forse si aspettava un encomio e non una sanzione disciplinare, alla fine è andata bene, anche se ha dovuto affrontare tre gradi di giudizio.
La vicenda ha fatto tornare alla mente di chi scrive un episodio che, molti anni fa, lo aveva visto incredulo protagonista quando, nell’ente in cui lavorava, gli fu recapitata una lettera, a firma del direttore generale, con la quale gli veniva preannunciata una sorta di ammonizione, per essere rimasto al lavoro oltre la scadenza dell’orario di servizio.
A tale nota seguì una garbata replica che, dopo aver documentato l’urgente ragione di servizio per la quale la permanenza in ufficio si era resa necessaria, concludeva con un apprezzamento all’iniziativa dell’ente, volta finalmente a sanzionare i veri "nemici" della pubblica amministrazione: gli stakanovisti. E non gli assenteisti!
Solo per la cronaca, la storia fini lì e non ebbe alcun seguito.