Il 2 marzo scorso, la ministra dell’Istruzione, università e ricerca, Valeria Fedeli, ha emanato – con più di un mese di ritardo rispetto alla scadenza fissata dalla legge di stabilità n. 205 del 27 dicembre 2017, il decreto (in attesa di registrazione da parte della Corte dei conti) che sblocca - per docenti e ricercatori universitari di ruolo in servizio alla data di entrata in vigore della medesima legge di stabilità e che lo erano alla data del 1° gennaio 2011, o che hanno preso servizio tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2015 - l’una tantum per il recupero, assai parziale, degli scatti di anzianità congelati nel quinquennio 2011-2015.
Si tratta di una vicenda annosa, della quale a più riprese si è occupato Il Foglietto, da ultimo con un articolo del 11 gennaio 2018, dal titolo Recupero scatti stipendiali: con un caffè il governo liquida docenti e ricercatori universitari.
Lo stanziamento complessivo (50 milioni per il 2018 e 40 per il 2019), prelevato dal contestato Fondo per le cattedre Natta, infatti, permetterà di elargire un importo complessivo medio lordo pro capite di circa 2.250 euro, pari a circa 1.550 euro netti, da erogare in due rate: la prima (nel 2018) di 850 euro e la seconda (nel 2019), di 700.
A fronte di somme tanto irrisorie, il Miur, con il predetto decreto, ha individuato criteri di calcolo ad personam a dir poco farraginosi che, peraltro, richiederanno lunghi tempi di applicazione.
I singoli importi, infatti, verranno determinati utilizzando un meccanismo che attribuisce un punto agli ordinari; 0,7 agli associati e 0,5 ai ricercatori. Il “peso” di ogni docente andrà poi diviso per 6, così ottenendo un coefficiente che andrà «moltiplicato per il valore medio del costo caratteristico del Professore di I fascia riferito agli anni e alle Istituzioni in cui il docente era in servizio nel periodo 2011-2015». Ma non è finita, perché il risultato ottenuto potrà essere ridotto di una quota compresa tra il 20 e il 30% oppure tra il 40 e il 50%, a seconda che il diretto interessato abbia ottenuto per uno o per due anni il “premio” previsto dall’articolo 29, comma 19, della legge Gelmini del 2010.
Ogni ulteriore commento da parte nostra appare davvero superfluo.