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Venerdì, 29 Mar 2024

Il Foglietto ha pubblicato in anticipo su altri media un articolo di severa critica alla nuova legge forestale, un decreto delegato che viaggiava parecchio in sordina e che, attualmente, si trova nella fase conclusiva del suo iter di approvazione: mancano solo la firma di Gentiloni e la trasmissione al Presidente della Repubblica, per essere pubblicato. Un provvedimento legislativo che l'ex giudice costituzionale Paolo Maddalena, in un suo documento, ha definito "decreto contro la vita".

Ben 264 Accademici italiani (Botanici, Forestali, Biologi, Zoologi, Geologi, Agronomi, Naturalisti …), da Bolzano a Palermo, appena hanno avuto conoscenza del decreto, attraverso una lettera aperta al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio pro tempore, hanno mosso fondate critiche al provvedimento legislativo, chiedendo che non venga ratificato.

In opposizione a questo decreto, è stata lanciata anche una petizione dai Medici per l’Ambiente e dal Gruppo di Ricercatori e Scienziati di Energia per l'Italia che, ieri pomeriggio, sfiorava le 16mila adesioni, in crescita di ora in ora. I medici sono preoccupati per l’utilizzo industriale della legna nelle grandi centrali elettriche che bruciano biomasse: producono quantitativi rilevanti di polveri ultrasottili (PM2,5), quelle maggiormente pericolose per la salute e che già sono responsabili di un numero impressionante di morti precoci in tutta Europa perché, inalate, entrano immediatamente nel torrente sanguigno e nelle cellule.

Oltre a queste, altre autorevoli voci di Associazioni indipendenti si sono aggiunte per replicare autonomamente - con un appello - in modo puntuale e circostanziato, alle affermazioni comparse sulla stampa da parte dei sostenitori del Dlgs e per chiedere il blocco del decreto.

Infatti, non si può considerare come “ordinaria amministrazione” da parte di un governo in scadenza l’approvazione di un provvedimento di così vasta portata per l’assetto forestale del Paese e per le sue conseguenze su biodiversità, questione climatica, assetto idrogeologico, patrimonio genetico forestale, tutela del paesaggio, funzioni ecosistemiche.

Tra l'altro, 3 dei 4 deputati che hanno sostenuto il Dlgs (Olivero, Realacci, Sani) non sono più nel nuovo Parlamento, per cui forze politiche e soggetti istituzionali che non solo non hanno condiviso questa legge ma le cui richieste di emendamenti non sono state recepite, la “erediterebbero” in modo assolutamente improprio. Il Dlgs manca di basi scientifiche, ha gravi aspetti di incostituzionalità e presenta un’ispirazione marcatamente produttivistica, utile solo al profitto immediato dell’industria del legno, del pellet e delle grandi centrali elettriche a biomasse (in più di un’occasione travolte da inchieste giudiziarie denominate “silvomafie”), i cui rappresentanti hanno contribuito in modo determinante alla stesura del Testo del Dlgs.

Non può essere una miope e “bruciante” visione economicistica a guidare scelte che, non tenendo in alcun conto aspetti ecologici, culturali e sociali e, soprattutto, senza alcuna solida base scientifica, porterebbe ulteriori, inimmaginabili danni al nostro paese. Alla luce dei recenti risultati elettorali, il governo pro tempore, tutt’ora in carica, ha il dovere di astenesi dall’approvazione di questo sciagurato decreto.

Vi sono state, però, anche prese di posizioni a favore del decreto: dal Presidente dell’Ordine degli Agronomi e Forestali all’Accademia dei Georgofili, mentre appare favorevole Legambiente. L’Ordine ha sostenuto che il decreto è utile a contrastare il dissesto idrogeologico! In pratica, i boschi produrrebbero dissesto (frane, erosione e nefandezze simili) … mentre le ceppaie dei cedui nei terreni semi-denudati difenderebbero da queste sciagure. Non commento nemmeno l’assurdità di tali dichiarazioni.

I Georgofili sostengono, invece, che “il Testo unico è frutto di un lavoro di confronto e partecipazione pubblica durato 4 anni e riprende in gran parte un testo licenziato nel luglio 2015 dal Tavolo di settore 'Foresta e legno' del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ... e che esso è stato oggetto di diverse discussioni in ambito tecnico-scientifico e in varie sedi congressuali”.

Ma se è vero che l’iter è stato lungo e ci sono stati vari incontri, è altrettanto vero che il confronto è stato solo formale, come ha lamentato la SIRF (Società Italiana di Restauro Forestale) in un suo articolato documento, perché il testo proposto è rimasto sostanzialmente uguale nella sua formulazione generale originaria, operata dal Gruppo di Lavoro “GESTIONE FORESTALE SOSTENIBILE E AGRICOLTURA MULTIFUNZIONALE” del Consiglio Nazionale della Green Economy.

Inoltre, questi tavoli hanno visto sempre una partecipazione molto ampia di rappresentanti del mondo dell’industria, mentre quella di docenti di materie forestali ridotta sempre alle stesse cinque o sei persone e quella del mondo accademico esperto in ambienti naturali (Botanici, Zoologi, Ecologi, Patologi, Geologi, ecc.) del tutto assente. Di qui, la protesta dei 264 docenti e ricercatori che nulla sapevano del Testo Unico. Troppi soggetti interpellati lamentano, poi, di aver avuto tempi strettissimi per valutarlo: anche cinque giorni (inclusi sabato e domenica) e, perfino, due giorni. Altro che “quattro anni”!.

Ma v’è di più. Per il professor Franco Pedrotti, già presidente della Società Botanica Italiana, autore di un dettagiato comunicato diffuso tre giorni fa, “Tutti i rimboschimenti, anche quelli “storici” eseguiti a fine Ottocento e che quindi fanno ormai parte del patrimonio paesaggistico tradizionale, che il Testo Unico sostiene di voler preservare, vengono esclusi dalla categoria bosco e quindi possono essere eliminati. Lo stesso dicasi per quelli eseguiti con finanziamenti dell’Unione Europea”, insomma “I boschi vengono messi sullo stesso piano dei terreni agrari, come se fossero sistemi artificiali e non dotati di una propria capacità autorganizzativa”, senza neppure tener conto della fauna.

Tra le argomentazioni utilizzate da chi si è pronunciato a favore del decreto, ve ne sono molte sicuramente del tutto evasive delle critiche puntualmente sollevate, talune non corrispondenti al vero (sono state attribuite posizioni mai espresse e che non appartengonoa chi si oppone al Dlgs) e altre sicuramente prive di basi scientifiche e gravide di inaccettabili conseguenze negative, come quelle sopra riportate.

Tra le premesse usate per difendere il decreto, evidentemente ispirate da una cultura stravagante e misteriosamente criptica, si è arrivati a sostenere che i boschi senza l’intervento dell’uomo muoiono … oppure che l’abbandono dei boschi è la causa degli incendi, come se gli incendi a cui abbiamo assistito nel 2017 fossero provocati dalla natura … e non dall’azione criminale dell’uomo e dall’impreparazione delle istituzioni, dopo lo scioglimento del Corpo Forestale dello Stato, in un periodo storico di cambiamenti climatici di origine antropogenica.

Diciamoci una cruda verità, che spiega quanto sta accadendo e ne costituisce una “forzante”. Oggi, in Italia non vige un divieto di tagliare i boschi: all’interno di un quadro autorizzatorio, si potrebbe raccogliere legna in grandi quantitativi da tantissimi boschi … eppure, questo non avviene, semplicemente perché non è economico all’interno delle logiche di mercato. I tagli, invece, meglio se generalizzati e su vasta scala industriale, divengono convenienti per la speculazione, in vista degli INCENTIVI PUBBLICI che l’Unione ha previsto per lo sfruttamento delle biomasse. Incentivi che non vengono dal nulla, ma sono prelevati dai contribuenti che, quindi, dovrebbero finanziare gli scempi ambientali.

Anti-scientifica è anche la motivazione alla base degli incentivi. Si sostiene, infatti, che bruciare biomasse aiuta a combattere l’effetto serra perché il bilancio del carbonio sarebbe “neutro”: l’anidride carbonica emessa da quelle combustioni è, in definitiva, pari a quella che le piante avevano assorbito con la fotosintesi e fissato nel legno. Questo ragionamento è sbagliato e fuorviante perchè non tiene conto del fattore “tempo”: la scienza avverte che noi dobbiamo ridurre da SUBITO le emissioni (si pensi agli impegni stipulati a Parigi nella COP21) per contenere il riscaldamento globale a 1,5 gradi entro l’imminente 2030. E che questo è urgente perché siamo in serio ritardo nel farlo.

Ne deriva che, piuttosto che scaricarlo in atmosfera, è meglio che il carbonio forestale resti immobilizzato negli ecosistemi per secoli, ove contribuisce all’integrità ecologica dei boschi, alla difesa della biodiversità, alla loro stabilità e alla regolazione climatica. Se non si tiene conto del fattore “tempo”, dovremmo dire, per coerenza, che anche i combustibili fossili (carbone, gas, petrolio) sarebbero neutrali rispetto al ciclo del carbonio: non sono stati in definitiva tutti prodotti (a suo tempo) dalla fotosintesi?

Questa legge - ribadiscono le Associazioni - è fatta male, contrasta con diverse altre discipline che regolano la materia e presenta profili di incostituzionalità. Non è condivisa da una larga parte del Paese, che si è vista costretta a intervenire con prese di posizioni pubbliche, petizioni e appelli.

Questo provvedimento non c’entra nulla con la green economy né ha i requisiti minimi della sostenibilità. Il peccato originale di questa legge è di aver ignorato, sebbene richiamato in linea di principio ma poi senza conseguenti articolazioni, che la sostenibilità, per l’ONU e per la UE, si basa sulla declinazione contestuale e armonica di tre fattori: economico, ecologico e sociale. Per completezza, andrebbe aggiunto un quarto fattore: quello culturale.

Domina, invece, nel decreto, solo l’ottica economicistica “bruciante”, per di più di dimensioni industriali, di cui beneficerebbero, di fatto, 4 grandi gruppi capitalistici, ed è foriera di molti danni irreversibili per il nostro Paese. Un riduzionismo di entità inammissibile nel millennio che si è aperto e alla luce delle attuali conoscenze scientifiche.

È utile riportare, infine, la precisazione che nell’appello della Associazioni ai Presidenti Gentiloni e Mattarella è stata posta come preliminare: “… ci preme sottolineare che le nostre iniziative di critica e ferma opposizione al nuovo decreto forestale in itinere non muovono da interessi personali di sorta, diretti o indiretti e che la nostra azione è svolta in completa terzietà, ispirata unicamente da scienza e coscienza e dall’amore per il nostro Paese. Nessuno di noi appartiene a un partito o movimento politico, né vi sono candidati o aderenti a particolari confessioni religiose, o alla massoneria, né di qualsivoglia conflitto d’interessi. Chiediamo ai sostenitori del testo di decreto in itinere di dichiarare se si trovino nella medesima situazione.

Di seguito, le associazioni firmatarie del documento.

Alleanza Beni Comuni (ABC) Pistoia; Amico Albero – Mestre; Associazione Asud; Associazione dei Comuni Virtuosi; Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB); Associazione Progetto Gaia Ospedaletto Euganeo (Padova); Centro Documentazione dei conflitti ambientali; Centro Italiano Studi e Documentazione degli Abeti Mediterranei (CISDAM); Centro Parchi; Ecoistituto Abruzzo; Ecoistituto del Veneto - Mestre-Venezia; European Consumers; Gruppo di Scienziati di Energia per l'Italia; ISDE Italia (International Society of Doctors for Environment) Associazione Medici per l’Ambiente; Italia Nostra Abruzzo; Italia Nostra Calabria; Italia Nostra Lazio; Italia Nostra Toscana; Medicina Democratica onlus; Movimento dei Consumatori - Mestre Ve; Società Italiana per il Restauro Forestale (SIRF); VeneziAmbiente-EcoMuseo della Laguna- Marghera Ve.

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Già direttore dell'ANPA - Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente

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