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Martedì, 19 Mar 2024

avvocatiFra le mille storie che potrebbero raccontarci come e perché siano mutate così profondamente le nostre società, ce ne sono alcune particolarmente istruttive perché sommarizzano meglio di altre lo spirito che ha animato le cronache dei decenni successivi al secondo dopoguerra, levatrici delle società che abitiamo oggi. Ossia società svogliate, perché vecchie e sazie, che venerano pressoché esclusivamente la religione dell’individuo, iperconnesso ma solo, che si circonda di beni materiali, ormai peraltro sempre più virtualizzati. Quindi, malate di economicismo e vagamente tendenti alla depressione.

Una di queste storie, fra le mille che potrebbero essere raccontate, l’ho trovata sfogliando un paper del Nber, che potremmo persino eleggere a rappresentazione esemplare dell’eterogenesi dei fini che i politici coltivano più o meno consapevolmente nelle loro utopie. Queste ultime (in teoria) si propongono realizzare il migliore dei mondi possibili, finendo, più o meno colpevolmente, col lastricare di buone intenzioni il nostro inferno quotidiano.

Sicché non si può che leggere con sincera comprensione ciò che scrivono gli autori dello studio, dedicato all’effetto rivoluzionario che ebbe sulla società americana degli anni ’60 l’introduzione dei Legal services program, ossia dei programmi di assistenza legale per le fasce più povere della popolazione. “Ciò che i responsabili politici potrebbero non aver previsto – scrivono – è che favorire l’accesso a questi servizi avrebbe alterato anche la struttura familiare”. E’ sempre quello che non si prevede che finisce col succedere.

L’introduzione di questi servizi fu uno dei tanti frutti della stagione riformista che fiorì negli Stati Uniti degli anni ’60, quelli della guerra alla povertà e della Great society. Furono gli stessi anni – e non a caso viene da pensare – nel corso dei quali le famiglie americane conobbero cambiamenti radicali, con i tassi di matrimonio crollati, al contrario di quelli di divorzio, mentre salivano alle stelle le nascite fuori dal matrimonio. Non si tratta, ovviamente, di covare nostalgie o di prendere posizione su cosa sia meglio o peggio. Si tratta di osservare che l’aumento del benessere, insieme ovviamente con il cambiamento dei valori sociali cui certo il benessere ha contributo, sembra averci condotti dove sembriamo essere vocati: l’Iolatria.

Processo lungo, ovviamente, e molto articolato. La sua declinazione sociale passa per donne che si trovano a crescere i figli da sole, che negli Usa quadruplicano fra il 1960 e il 2010, proprio mentre aumenta esponenzialmente la partecipazione delle donne al lavoro e ai programmi di welfare. Già nel 1980, le donne contribuivano per un terzo al reddito familiare, il doppio rispetto al 1960. Sicché nel 1991 Gary Becker (su “A treatise in the family“) poteva scrivere che “la famiglia nel mondo occidentale è stata radicalmente modificata – alcuni sostengono quasi distrutta – dagli eventi degli ultimi tre decenni”. Da allora sono passati quasi altri trent’anni e la famiglia pare se la passi sempre peggio, al punto che non sembra esagerato domandarsi se non abbia esaurito la sua funzione sociale.

Che a questo “esaurimento”, almeno negli Usa, abbia contributo la “democratizzazione” dei servizi legali, ossia la decisione di renderli fruibili a basso costo per le famiglie più povere, può risultare curioso, persino divertente. E tuttavia è così. Finché i poveri non potevano permettersi gli avvocati, e si rivolgevano ai centri di aiuto legale diffusi negli Usa su base sostanzialmente privatistica, le persone con meno risorse erano semplicemente tagliate fuori dai tribunali. Una causa costava troppo per redditi ancora molto bassi. Con l’introduzione dei legal aid services, comincia invece il super lavoro dei tribunali.

Fra il 1965 e il 1971 la disponibilità di consulenza legale su diverse tematiche per i poveri triplicò. Gli avvocati, che un qualche giudice definì “fabbriche di divorzi”, istruirono centinaia di migliaia di cause l’anno, arrivano a superare il milione. Di queste circa un quinto erano divorzi. D’altronde erano gli anni (1966) che il New York Times titolava “How to get a free divorce“. Ma queste consulenze servivano anche a rendere maggiormente consapevoli dei propri diritti i meno abbienti, e anche a difenderli dai soprusi della burocrazia, quando necessario.

L’analisi condotta dagli economisti del Nber mostra che questi servizi ebbero impatti rilevanti sulla famiglia americana. I tassi di divorzio aumentarono, ma anche gli aiuti alle famiglie con figli o i programmi di assistenza per le famiglie monoparentali. Tutto ciò contribuì a cambiare la struttura delle famiglie. Già nel 1984, il tasso di nascite fuori dal matrimonio era cresciuto del 16% rispetto a un ventennio prima, mentre era scesa del 2% la probabilità che una madre vivesse col marito dei suoi figli. Questo non dipese dall’aumento delle nascite, ma dal declino dei matrimoni.

E’ interessante sottolineare che l’incremento dei servizi di welfare non scaturì da una maggiore generosità dello stato ma dalla semplice capacità dei cittadini, sviluppata grazie alla disponibilità di servizi legali, di fruire dei diritti che già esistevano. Ma, appunto, ciò che i politici non potevano prevedere è che questo democratizzare i diritti avrebbe cambiato il volto della società americana.

Ciò per dire che le policy contano e che non dovremmo mai dimenticarlo. Siamo il frutto delle decisioni di ieri. I tanti che lamentano la nostra attualità, e che magari covano nostalgie del tempo che qui ci ha condotti, dovrebbero ricordarlo. E fare pace con se stessi.

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giornalista socioeconomico - Twitter @maitre_a_panZer

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