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Venerdì, 29 Mar 2024

Piano nobile di Simonetta Agnello Hornby, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano – pp.352, euro 19,00 – in libreria dal 15 ottobre 2020.

Recensione di Adriana Spera

Lo sbarco degli americani, che per l’Italia rappresentò la conclusione di quel percorso di liberazione dal nazi-fascismo iniziato grazie alla Resistenza dei partigiani, per la Sicilia rappresentò l’inizio dell’ennesima dominazione: quella della mafia.

Se prima le redini del potere economico erano nelle mani di antiche famiglie di nobili possidenti terrieri, con l’arrivo degli alleati si forma un inedito patto tra mafia e politicanti, magari ex fascisti, riciclatisi in democristiani, pronti a spartirsi i fondi del piano Marshall e i beni di un’aristocrazia in gran parte inetta e sull’orlo del fallimento economico, che è sempre vissuta al di sopra dei propri mezzi, incapace di gestire i propri beni.

Piano nobile di Simonetta Agnello Hornby è il secondo libro di una trilogia iniziata con Caffè amaro - che era ambientato tra il primo dopoguerra, la nascita del fascismo e l’inizio del secondo conflitto mondiale – e che terminerà con Punto pieno.

Da entrambi i libri fin qui pubblicati emerge quella che era la condizione della donna in una Sicilia patriarcale: costretta, quasi sempre a matrimoni combinati, un puro oggetto di scambio dal padre-padrone al marito-padrone. Una condizione cui non sfuggiva neppure Maria, la protagonista di Caffè amaro, che pure era figlia di un avvocato socialista, generoso difensore dei più deboli, né le donne aristocratiche protagoniste di Piano nobile.

Ma emerge anche quel che rappresenta in Italia, e non solo, la famiglia: “Le famiglie sono famiglie, e chissà ancora per quanto impediranno, nasconderanno, confonderanno”.

Il libro ha la struttura narrativa di un romanzo a più voci, come quella de La mennullara, l’opera d’esordio di Simonetta Agnello Hornby.

L’autrice conosce bene l’ambiente dell’aristocrazia siciliana essendo figlia di Francesco Agnello Cangitano, barone di Signefari. Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza all’Università di Palermo, si è trasferita per il dottorato, con una borsa Fulbright, presso l’università del Kansas, quindi, ha esercitato la professione di avvocato a Londra, aprendo a Brixton uno studio legale specializzato in diritto di famiglia e minori, che ha sempre difeso prevalentemente cittadini delle comunità di immigrati. Oltre ad aver ricoperto la carica di giudice minorile, ha insegnato diritto dei minori nella facoltà di Scienze Sociali dell’Università di Leicester ed è stata per otto anni part-time Presidente dello Special Educational Needs and Disability Tribunal.

Piano nobile si apre nel 1942, mentre Palermo viene bombardata, il barone Enrico Sorci, assistito dal fedele cameriere Elio che gli legge i titoli dei giornali, giace sul letto di morte e rievoca la sua vita di fimminaro generoso, impenitente e insaziabile. Rievoca la storia della sua famiglia, quando diventò barone “per strano destino”, data la morte per caduta da cavallo del fratello maggiore. E poi le prepotenze di cui si è reso colpevole, le innumerevoli donne che ha amato, consenzienti e non, fin dalla prima adolescenza - dalla prostituta Estrella alle sorelle Panzi - a modo suo: tradendole e usandole per puro piacere. Si chiede quanti figli non riconosciuti abbia avuto.

Ricorda con amore e rimpianto la moglie Rosaria Lupino Stassi, sposata per interesse, e alla quale è stato sempre infedele: “il tuo valore è emerso come una statua perfettamente conservata dal fondo del mare, rivelando la sua bellezza”. Rammenta anche di averle imposto la pratica del “panno freddo”, riservata fino agli anni ’50 alle neonate. Le femmine erano considerate una spesa perché per sposarle o mandarle in convento occorreva la dote, e, allora, alla nascita venivano avvolte in un panno freddo che lentamente ne determinava la morte.

Pensa poi ai suoi figli legittimi ed, in particolare, a Cola che sarà il suo successore, all’avido Filippo in affari con la mafia, al sadico Andrea e alla moglie-vittima di quest’ultimo, Laura de Nittis, la sua nuora prediletta. Una vera nobile, a differenza delle altre due: l’invadente Margherita (moglie di Cola) e la ladra Caterina (moglie di Ludovico), che spoglierà di ogni oggetto prezioso Palazzo Sorci. Una dimora che vive il suo declino contemporaneamente al sacco di Palermo da parte della mafia.

Come in Caffè amaro, la cui protagonista, Maria, col tempo si emancipa e scopre l’amore per il suo amico d’infanzia Giosuè, qui è Laura de Nittis, figlia di un nobile decaduto, costretta a sposare il suo aguzzino Andrea Sorci, a scoprire il suo amore, ricambiato, per il cognato Cola che gli darà il figlio Carlino. Questo, insieme alla cugina Mariolina, i due più bei personaggi.

Di Laura, l’autrice ha dichiarato, nel corso di una intervista: «è una donna coraggiosa, un esempio di siciliana che in letteratura corrisponde forse a La Lupa di Giovanni Verga. Sono donne che accettano le loro passioni e con dignità ottengono un po’ di ciò che vogliono, ma non distruggono ciò che non ottengono».

Nella famiglia Sorci bisogna rispettare una rigida etichetta, una parvenza di unione – si mangia sempre tutti assieme al piano nobile dov’è l’appartamento del patriarca – pur essendo tutti l’un contro l’altro armati d’odio e invidie. La famiglia li lega e li separa, dice Cola: “la politica non è soltanto cosa di corti reali o parlamentari, la politica è ciò che tiene assieme qualsiasi aggregazione umana, e non c’è nulla di più politico di una famiglia”.

Insomma, una recita che cessa solo con l’occupazione del piano nobile da parte degli americani. Una recita alla quale non sono ammessi i figli nati al di fuori del matrimonio come Beppe Vallo. Figlio di una cameriera poi abbandonata, ha un desiderio di rivalsa e vendetta, odio e amore nei confronti del padre barone di cui ricorda sempre quando bambino, lo allontanò con un calcio. Emigrato in America è diventato un ricco avvocato, ora tornato in Sicilia è il mediatore tra la mafia e gli americani.

Sullo sfondo una città spaccata in due, da una parte i poveri che hanno perso con i bombardamenti anche le loro misere abitazioni e, dall’altra, una nobiltà che fa il suo canto del cigno sprecando le sue ultime risorse al gioco, nei negozi lussuosi, come la gioielleria Fecarotta (tutt’ora esistente); la sartoria Pustorino con le sue boiserie di legno pregiato, gli specchi e gli affreschi di Ernesto Basile; la premiata pasticceria svizzera Caflish; ed ancora, ordinando la biancheria per posta sui cataloghi di Frette, i cibi pregiati da Buitoni o che fa sfoggio di preziose parure al Teatro Massimo.

Una società che, nonostante sia caduto il fascismo, resta oscurantista e intollerante, legata a quella cultura e a quella di una chiesa cattolica chiusa nei suoi dogmi.

Divorzio e matrimoni tra persone dello stesso sesso che risolverebbero le vite di protagonisti come Cola e Laura o Carlino ed Emilio sono impensabili e lontani a venire.

In copertina, un ritratto della nonna materna dell’autrice, Maria Caramazza, opera del pittore Francesco Camarda (Palermo 1886 – 1962) che, nel romanzo, avendo la “capacità di carpire l’animo di chi ritrae”, spaventato, si rifiuta di fare un ritratto della famiglia Sorci.

Insomma, non proprio una bella famiglia, fatta eccezione per i giovani Carlino, Mariolina e Leonardo, troppo anticonvenzionali per una società ottusa,che  difficilmente avranno vita facile.

adriana ridottissima 2Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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