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Giovedì, 25 Apr 2024

Enzo BoschiPassate le elezioni regionali e comunali, ci si aspettava la pubblicazione della mappa dei possibili siti per la creazione del Deposito Nazionale dei Rifiuti Nucleari. Pubblicazione che era stata già rimandata di un paio di mesi per "approfondimenti tecnici" misteriosi, visto che nessuno si è sentito in dovere di spiegare in che cosa consistessero e ciò in totale spregio alla trasparenza tante volte sbandierata ma mai praticata in questa delicata operazione. 

 

Di ciò, Il Foglietto si è occupato molto attentamente in più occasioni [1, 2, 3, 4, 5, 6, 7].

Adesso si assiste ad un altro rinvio, di nuovo senza motivazioni chiare. I responsabili di questa vicenda ritengono di non dover rendere conto a nessuno di quello che fanno e, contemporaneamente, tentano di mostrarsi come comunicatori che non hanno nulla da nascondere.

Alcune settimane fa hanno considerato l'invito ai cittadini a visitare le centrali nucleari dismesse, vero e proprio antiquariato industriale, come una tappa importante nel percorso che dovrebbe portare all'accettazione del Deposito Nazionale delle scorie nucleari.

Insomma, la vista di capannoni, involucri di qualche cosa che non c'è più, avrebbe dovuto chiarire a noi cittadini i problemi serissimi connessi alla gestione di sostanze estremamente pericolose, attualmente sparse per tutto il Paese senza logica alcuna.

Ma il colpo che lascia interdetti e senza parole è stato "inferto" una settimana fa. Quasi tutti i principali quotidiani nazionali nello stesso giorno hanno fatto un grande elogio del deposito dei rifiuti nucleari francese che si trova nella regione dell'Aube, al centro di un bosco circondato dalla splendida campagna dello Champagne. Un piccolo paradiso verde a Sud-Ovest di Parigi. La casa più vicina è ad appena 500 metri di distanza.

Ovviamente, nessun problema di sicurezza, nessun problema di inquinamento, nessun problema in assoluto, grazie anche a una densità abitativa di appena 11 abitanti per chilometro quadrato. A titolo di esempio dei tanti usciti, si può leggere qui l'articolo apparso su La Stampa del 13 giugno scorso.

È lecito immaginare che gli ispiratori di questi articoli trionfalistici, che sembrano trasformare i rifiuti nucleari in qualche cosa da desiderare ardentemente, siano gli stessi che da anni cercano la soluzione a un problema che loro stessi hanno in ultima analisi complicato.

In ogni caso, se essi, con tutti i loro prestigiosi consulenti, saranno capaci di trovare fra le Alpi e Lampedusa, una zona abbastanza ampia che abbia le stesse caratteristiche di sicurezza sismologica, geologica, antropica ... dell'Aube, il problema sarebbe risolto e non potremmo che inchinarci di fronte a tanta bravura.

Effettivamente una zona simile in Italia c'è. Ce n'è una sola: si chiama Sardegna, che geologicamente assomiglia molto più alla Francia che all'Italia continentale.

Sarebbe, però, estremamente ingiusto trasformare la regione, che non ha avuto alcun vantaggio dallo sviluppo del nucleare e dal suo smantellamento, nella discarica di sostanze pericolose, determinate da scelte tecniche e politiche disastrose.

Sarebbe, poi, da vedere come si affronta il problema del trasporto di scorie dannose alla salute e all'ambiente ...

La similitudine con il deposito francese era da fare, comunque la si pensi.

Adesso sarà inaccettabile una qualunque soluzione che non abbia quello standard di sicurezza. Credo che almeno su questo non ci sia da polemizzare, visto che l'esempio non viene certo da irriducibili ambientalisti ma dagli stessi che hanno la convinzione di poter risolvere il problema una volta per tutte.

Con il referendum del 1987, l'Italia non solo uscì dal nucleare ma rinunciò da allora ad occuparsi di problemi difficili cioè di problemi che richiedono altissime competenze tecniche e grande organizzazione.

Oggigiorno è sotto gli occhi di tutto il mondo che non siamo neanche più capaci di costruire viadotti lunghi qualche decina di metri!

In più, a partire della campagna antinucleare associata al referendum del 1987 si è assistito negli anni successivi e fino ai giorni nostri a una continua e inarrestabile delegittimazione degli sviluppi scientifici e tecnologici, che in qualche modo riguardano il territorio.

Inoltre, molti esperti di questi argomenti se ne sono andati e molti hanno cambiato mestiere.

Aver preso la Francia come esempio denota poi una certa ingenuità: ci si è dimenticati che oltralpe operano a pieno regime centrali nucleari che addirittura ci forniscono energia elettrica ... figurarsi se il Deposito dei rifiuti può provocare particolari emozioni ... potremmo anche accennare in questo contesto alla cosiddetta "Force de Frappe" ma andremmo fuori tema ...

Concludendo, malgrado questa situazione, la questione del Deposito deve e può essere risolta.

Per farlo ci vuole qualcuno che sia competente e credibile: non basta essere stati "non eletti" in qualche consultazione politica al seguito di un qualche potente, che poi tanto potente non si è rivelato.

Enzo Boschi - geofisico

Post Scriptum

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