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Giovedì, 18 Apr 2024

Recentemente è uscito Pianeta Terra. Una storia non finita, di Carlo Doglioni e Silvia Peppoloni, ed. Il Mulino. Mi sono precipitato a leggerlo perché il primo autore, mentre la macchina giudiziaria si era già messa in moto con la notifica dei degli avvisi di garanzia (uno dei quali diretto a me) per il terremoto di L'Aquila del 2009, aveva dichiarato, tra l'altro, parlando in pubblico con tanto di telecamere: "Il modello che io vi ho presentato oggi è stato fatto grazie all’esperienza dell’Aquila: prima io personalmente non lo conoscevo. Adesso mi sentirei di dire che si poteva dire che c’era, però io stesso – a parte che io non conoscevo terremoti precursori – ma non avrei potuto dire che stava per arrivare un terremoto“.


Poi, riferendosi al comportamento della Commissione grandi rischi, aggiungeva, “Certamente sono stati un po’ superficiali perché non potevano dire che non c’era rischio quando c’era una sequenza in corso, perché erano dei terremoti che aumentavano di numero e aumentavano di magnitudo, quindi non era stato raggiunto il picco, perché in genere se ci sono dei terremoti che aumentano, poi c’è il picco, e poi dei terremoti uno sciame successivo, quindi c’è un picco dell’energia … E’ un discorso molto complicato".

E continuava, "Certamente ho trovato leggero l’atteggiamento di non dire: non possiamo dire che non c’è rischio. Già il fatto di dire che non c’è rischio è di fatto già una previsione. Ora noi adesso sulla base di quella esperienza abbiamo imparato moltissimo e possiamo cercare di applicarlo e metterlo in opera per il futuro e cioè che ci sono molte evidenze che ci possono aiutare a dire ’sta per arrivare un terremoto’ in un ambiente estensionale tipo il nostro”.

Speravo di poter leggere nel libro quali sono le "molte evidenze che ci possono aiutare a dire che sta per arrivare un terremoto in un ambiente estensionale come il nostro". E di capire finalmente "il modello fatto grazie all'esperienza dell'Aquila".

Purtroppo sono rimasto deluso: il "modello" e le evidenze restano un mistero.

Nel libro si spazia su innumerevoli campi che vanno dalla geologia, alla fisica, all’astronomia, alla climatologia, alla biologia e altro ancora.

Ci si imbatte, sfortunatamente, in imprecisioni o in veri e propri errori. Leggeri e superficiali ...

Quando parlano di processi fisici, viene usato spesso un linguaggio improprio e fanno alcune affermazioni errate.

Per esempio, a pagina 16, "... dalla galassia, che a sua volta si allontana dal centro dell’universo”: superficialmente, immaginano il big bang come una vera esplosione, avvenuta da qualche parte nell’universo.

Forse non sanno che il termine big bang fu inventato da uno degli oppositori della teoria per irriderla e, solo in seguito, è diventato un modo di dire di uso comune.

Il big bang non fu un’esplosione e non esiste nessun “centro dell’universo” da cui ci stiamo allontanando. Il big bang è l’istante del passato in cui lo spazio ha iniziato a espandersi: perciò tutti i punti dell’attuale universo possono dire, se ci tengono, di essere il punto in cui avvenne il big bang.

La superficialità, se non la leggerezza, continua a pagina 27 quando scrivono "... ruotando attorno alla propria stella come un elettrone che ruota attorno al nucleo dell'atomo”. L’analogia è usata paradossalmente al contrario della sua formulazione storica, con un risultato che appare privo di senso. Agli inizi della teoria atomica è stato il sistema solare a fungere da modello per la struttura dell’atomo come nel famoso modello di Niels Bohr.

Ogni studente di fisica sa che quel modello è risultato inappropriato in seguito agli sviluppi della meccanica quantistica: per il principio di indeterminazione, il concetto stesso di orbita non ha senso per gli elettroni. Usarlo al contrario, addirittura per spiegare il sistema solare, è una pesante ... leggerezza.  

Anche in questioni più strettamente connesse alla Terra si assiste a una leggerezza quasi insostenibile. A pagina 42, si arriva ad affermare che la “tomografia sismica … permette di ricostruire una possibile distribuzione delle anisotropie interne [del mantello]”, ma dal contesto si evince che il termine “anisotropie” è usato al posto di “disomogeneità”. Due cose evidentemente molto diverse.

Vi si afferma anche che "la velocità delle onde [sismiche] è direttamente funzione della rigidità e inversamente proporzionale alla densità”, forse ignorando il fatto che la relazione coinvolge una radice quadrata e quindi non c’è proporzionalità.

Poi, alle pagine 43 e 54, si dice impropriamente con superficialità che “il calore si dissipa per conduzione”, mentre è corretto dire che il calore si trasmette (o diffonde) per conduzione. Sono le altre forme di energia che possono “dissiparsi” se si trasformano in calore.

Molta leggerezza a pagina 44. Vi si afferma che “Le onde sismiche … sono più veloci in una direzione e più lente in un’altra, cioè sono polarizzate”. Leggerezza, questa, pesantissima: la polarizzazione riguarda l’orientazione del vettore spostamento associato alle onde. Il fenomeno descritto dagli autori è conseguenza dell’anisotropia del mezzo.

A pagina 57, poi, scopro che "Modificando la sua velocità, la Terra ha quindi un suo momento di inerzia che è dato dalla massa per la sua decelerazione”. La frase risulta incomprensibile, tanto per usare un eufemismo.

Mi ha ricordato il teatro dell'assurdo di Samuel Beckett.

Il momento di inerzia innanzi tutto ha le dimensioni di una massa per una lunghezza al quadrato.

Modificare la velocità della Terra ... la massa per la sua decelerazione che ne dà il momento d'inerzia ...

Il libro ha 144 pagine ma, dopo questa, non v'ho “più letto avante".

Forse il meglio doveva venire ...

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