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Giovedì, 28 Mar 2024

Alcuni anni fa Carlo Doglioni, attuale Presidente dell'INGV, a distanza di qualche settimana dalla richiesta di rinvio a giudizio dei membri della Commissione Grandi Rischi per il terremoto aquilano 2009, sulla sequenza sismica che aveva preceduto la forte scossa del 6 aprile 2009, ebbe a dire: «Sulla base di quella esperienza abbiamo imparato moltissimo e possiamo applicare per il futuro e cioè che ci sono molte evidenze che ci possono aiutare a dire “sta per arrivare un terremoto”, in un ambiente estensionale come il nostro. Ci sono molte evidenze che ci può dire che sta per arrivare un terremoto».

In poche parole si definì in grado di prevedere i terremoti. Di prevedere quando si verificheranno e quando non si verificheranno.

Il 27 gennaio scorso vicinissima a L'Aquila inizia una sequenza sismica abbastanza intensa tanto da destare preoccupazione.

Il Prefetto chiede allora un'opinione all'INGV.

Un'opportunità per il Doglioni per mostrare finalmente il "moltissimo" che aveva imparato con la sequenza aquilana del 2009. Poteva stabilire se stava per arrivare un terremoto o no, visto che "l'ambiente è estensionale".

Il giorno stesso, Fabrizio Galadini (ricercatore INGV di stanza a L'Aquila), d'accordo con Doglioni, risponde al Prefetto che "La sismicità si inquadra nella medesima sequenza cui sono riferibili i terremoti del 18 gennaio scorso” e che “Allo stato attuale non è escludibile l'accadimento di eventi di magnitudo superiore ...” ed ancora che “Si ritiene altresì necessario chiarire che imprevedibilità del processo sismogenetico non consente di definire in un intervallo temporale di accadimento di futuri terremoti ...".

Quanta eleganza per dire che non ci stavano capendo niente, assolutamente niente!

Eppure ... avevano "imparato moltissimo". E siamo anche in "ambiente estensionale"!

Il Prefetto doverosamente diffonde la risposta dell'INGV a tutti i Sindaci della zona.

È bene che non vengano riferite le reazioni dei Sindaci.

Qualcuno potrebbe perdere la fiducia in sé stesso. La fiducia che gli consente di inventarsi i "gravimoti", di trovare spiegazioni originali sul perché gli edifici crollano durante i terremoti italiani e non durante quelli giapponesi, sull'influenza degli astri ...

Nella lettera di Galadini non va però ignorata la locuzione: "L'andamento della sismicità evidenzia una migrazione verso i settori meridionali ... cioè verso l'Aquilano ..." che genera sugli Aquilani preoccupazione e rabbia. Rabbia, perché da mesi si paventano catastrofi d'ogni tipo ma non vengono mai suggerite le operazioni da intraprendere per la salvaguardia della gente.

Il punto è proprio questo: esperti ufficiali si abbandonano a esternazioni controproducenti sulle possibili evoluzioni delle varie zone sismiche.

Ebbene questi signori sappiano che gli Abruzzesi sono più che consapevoli dei rischi che corrono. Li conoscono sulla loro pelle! Avrebbero semplicemente bisogno di indicazioni chiare su che cosa fare e dei mezzi necessari per farlo.

Non sono stupidi e comprendono benissimo che certe frasi criptiche servono esclusivamente a salvare la faccia e altro a coloro che le proferiscono.

Della salvaguardia dei tanti che vivono in zona ad alta pericolosità sismica sembrano di fatto del tutto disinteressati.

Ho discusso a lungo con uno dei Sindaci (quello che mi ha fatto avere il documento INGV inviatogli dal Prefetto) sul significato fisico della "migrazione della sismicità", iniziata il 24 agosto, nell'ambito dell'attività del segmento appenninico.

Qualche giorno dopo la lettera INGV si sono avute altre scosse ... ma verso i "settori settentrionali".

Se di "migrazione" proprio si voleva parlare si doveva prevedere una rotazione di 180º!

Il 31 marzo 2009, con il Sindaco di L’Aquila analizzai la situazione che si era creata nei primi mesi di quell'anno. L'analisi si trasformò subito in indicazioni operative: tra l'altro la richiesta immediata dello stato di emergenza per il capoluogo Abruzzese.

Insomma, si evitino chiacchiere come quelle dell'ineffabile Presidente della Grandi Rischi, conoscitore di "faglie dormienti", che immagina l'"effetto Vajont" a Campotosto! Giustificatosi, poi, affermando che intendeva informare i cittadini dei rischi che corrono. Dopo una sciocchezza simile sarebbe bene che fosse lui a informarsi seriamente sui rischi che la Commissione Grandi Rischi (CGR) deve trattare prima del loro trasformarsi in catastrofi e non a posteriori. Avendo presente che quando la Grandi Rischi si esprime è lo Stato che parla.

Una volta per tutte, i commentatori dovrebbero capire anche che il processo aquilano non giustifica il continuo "mettere le mani avanti" o lo sgradevole "scaricabarile" della CGR. Non si possono temere rischi legali e restare nella Grandi Rischi.

Dopo un calendario prodotto dall'INGV, addirittura con il logo della Protezione Civile (spero a sua insaputa) - con giorni replicati e altri cancellati, che non può non ricordarci il grande Lucio Dalla (che auspicava tre volte Natale) sommati ai gravimoti e ad altre amenità - non possiamo non preoccuparci della sopravvivenza dell'INGV stesso.

Se si assiste allo spreco di soldi dei contribuenti, poi non si è credibili quando si chiedono finanziamenti ulteriori.

Non è un caso che in ambienti ristretti si parli di soppressione dell'INGV e di un suo accorpamento all'ISPRA.

Spero si tratti solo di fantasie. Sarebbe una decisione gravissima: un Paese sismico e vulcanico come l'Italia non può non avere un'istituzione che si dedichi esclusivamente alla Fisica di fenomeni tanto rilevanti per il Paese sotto molti aspetti.

In tutto questo bailamme, colpisce l'arrendevolezza acritica dei ricercatori INGV, che perdura da molto tempo, dinanzi a una crescente caduta di credibilità che rischia di coinvolgerli.

In passato, quando ero al vertice dell’INGV, mi impegnai a far sì che l’ente avesse molti dirigenti di ricerca, cioè persone al massimo della carriera e pertanto non condizionabili, in modo che l'Istituto progredisse, a prescindere dagli organi di vertice. Come avviene nei grandi centri di ricerca in tutto il mondo.

In ultima analisi, i vertici di un Centro di Ricerca all'avanguardia devono essere soprattutto strutture di servizio, che si adoperino affinché i ricercatori possano esprimersi liberamente, al meglio delle loro possibilità.

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