Omero nel Baltico. Le origini nordiche dell’Odissea e dell’Iliade, di Felice Vinci, editore Palombi, Roma, 2008, pp. 702, 25 euro.
Recensione di Roberto Tomei
Già il titolo dice tutto. L’ipotesi avanzata dall’autore è, infatti, che tutte le vicende raccontate da Omero nei suoi poemi, che si è sempre ritenuto accadute nel Mediterraneo, si siano invece svolte nei mari del Nord.
Nel dibattito storico, è quasi superfluo dirlo, si tratta di una tesi tanto innovativa quanto controversa, perché Omero, sempre conosciuto come un aedo greco, diventa un cantore scandinavo di avventure ambientate tra i fiordi.
Secondo Vinci, lo scenario omerico è quello dell’Europa settentrionale, poiché, in caso contrario, vi sarebbero troppe incongruenze, sotto diversi profili: dal punto di vista climatico non meno che da quello geografico, per non parlare poi di certi popoli, che altrimenti risulterebbero introvabili.
Le saghe dei poemi omerici proverrebbero, dunque, dalla Scandinavia, dove nel secondo millennio a. c. esisteva una fiorente età del bronzo e dove ancora oggi sarebbero identificabili diversi luoghi omerici. Queste saghe sarebbero state portate in Grecia da biondi navigatori achei solo nel XVI a.c., allorché fondarono la civiltà micenea, ricostruendo nel Mediterraneo il loro mondo originario, quello in cui si erano svolte le vicende della mitologia greca, come la guerra di Troia.
Tutto sarebbe stato riportato da una tradizione orale, trasmessa di generazione in generazione e poi messa per iscritto intorno al IX-VIII secolo a.c., con la stesura dei due poemi nella forma attuale, nient’altro, dunque, che una testimonianza unica e irripetibile dell’età del bronzo nordica.
Anche se c’è chi si mostra possibilista nei confronti delle tesi di Vinci, la maggior parte degli studiosi le respinge, da più parti facendosi rilevare che: l’età del bronzo scandinava comincia in epoca successiva; non si può ascrivere l’attuale testo dei poemi omerici a un periodo storico preciso; i toponimi omerici sono confrontati con quelli baltici attuali o di epoca medievale, partendo dall’improbabile presupposto che essi non abbiano subito variazioni; vi sono somiglianze dimostrate tra le località descritte da Omero e certi luoghi del Mediterraneo, onde se errori vi sono, si tratta di casi limitati e irrilevanti.
Non avendone la competenza, non saremo certo noi qui a prender partito pro o contro le tesi di Vinci, che egli espresse, peraltro, la prima volta nel lontano 1993, quando il titolo del volume, poi rimaneggiato e ampliato, era Homerus nuncius, sempre pubblicato da Palombi. Di certo, possiamo dire che il libro è ben scritto e avvincente, tanto che è stato tradotto, oltre che in inglese, anche in molte altre lingue del vecchio continente.
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