Se il lavoro è questo, viva le pensioni
Poi uno dice che vuole la pensione. E ti credo. E’ un inferno là fuori. Il lavoro intendo.
Poi uno dice che vuole la pensione. E ti credo. E’ un inferno là fuori. Il lavoro intendo.
Tornare dalle vacanze e leggere Padoan che promette a un noto quotidiano milanese che “L’Italia crescerà ancora”, mi provoca una reazione automatica poco onorevole.
Il 21 dicembre 2017, la Sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali della Corte dei conti ha trasmesso al Parlamento la Relazione sui rapporti finanziari tra l’Italia e l’Unione europea per l'anno 2016.
E’ in corso da tempo un dibattito sul taglio delle ‘pensioni d’oro’, come misura di equità sociale legata soprattutto alla circostanza che molti beneficiari non hanno versato durante la vita lavorativa contributi adeguati a giustificare un trattamento previdenziale così cospicuo[1].
Per alcune centinaia di ricercatori precari degli enti pubblici di ricerca che possono finalmente sorridere, diverse migliaia sono più che mai arrabbiati. Ma perché – qualcuno potrebbe chiedere – i precari degli Epr non sono tutti uguali? E no, non lo sono affatto perché, forse non tutti sanno, che a vigilare (il più delle volte, si fa per dire) sull’operato gestionale dei 20 enti pubblici di ricerca - finanziati dallo Stato e, quindi, dai cittadini - non è un solo ministero ma ben sette (salvo miglior conteggio)!
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