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Martedì, 23 Apr 2024

Ormai all’Istat, in disparte la sconcertante vicenda  - alla quale Il Foglietto ha dedicato più di un articolo - che da un anno vede l’ente di Via Balbo senza cda, è “tutti contro tutti” e “tutti contro l’amministrazione”.

Il personale da mesi  è sul piede di guerra: precariato, salario accessorio, concorsi interni, lavoro a turno, sono solo alcune delle tematiche che la nuova gestione dell’ente non riesce ad affrontare e risolvere.

Non v’è giorno che non si registri la mobilitazione di questa o di quella parte di personale, che reclama per diritti che non sarebbero stati riconosciuti.

L’ultima di tali rivendicazioni, ma solo in ordine di tempo, ha per oggetto il preannunciato (da parte della direzione generale) taglio del lavoro a turno, che da anni vige all’Istat per assicurare la necessaria continuità organizzativa in taluni settori nevralgici dell’ente: logistica, informatica, ufficio stampa e segreterie.

Ai dipendenti coinvolti nella turnazione viene riconosciuta una particolare indennità, contrattualmente disciplinata sia per quanto attiene alla modalità della prestazione che al compenso.

Ebbene, la direzione  generale dell’ente, nel corso della trattativa per addivenire alla sottoscrizione del contratto integrativo, con un lavoro da sartoria artigianale, ha proposto di ridurre del 20% il numero complessivo di tali prestazioni, con l’intento di destinare il “risparmio” all’incremento del 5% della indennità mensile, riconosciuta a tutto il personale.

L’iniziativa, che ha provocato la reazione dei “turnisti”, sembra essere stata  sollecitata, da un lato, da qualche sigla sindacale e, dall’altro, da chi maldestramente vorrebbe che il predetto “risparmio” andasse ad incrementare le misere risorse destinate ai concorsi interni per le progressioni economiche o di livello.

E proprio quest’ultimo aspetto (scarsità delle risorse per i concorsi interni) sembra essere la causa scatenante del caos che da tempo regna all’interno del sacro tempio delle statistiche.

Un caos che un’amministrazione più attenta, più preparata e, forse, meno prevenuta nei confronti di una sigla sindacale storica, quale è l’Usi-Ricerca, avrebbe potuto scongiurare agevolmente, evitando tensioni inutili e dannose, soprattutto per l’immagine dell’ente e per la  buona organizzazione dello stesso.

Infatti, il fondo per il salario accessorio, sul quale gravano sia i concorsi interni che le varie indennità, tra le quali anche quella di “turno”, è stato inopinatamente ridotto dall’ente di quasi 1,5 milioni di euro - somma più che sufficiente per assicurare risorse adeguate per i concorsi e per scongiurare il taglio dei “turni” - a seguito della “alterazione” di un disposizione normativa: comma 2 dell’art. 9 del decreto legge n. 78/2010 e successive modifiche e integrazioni.

Tale norma, infatti, prevede che l’ammontare delle risorse destinate al trattamento accessorio non può superare l’importo dell’anno 2010 ed è, comunque, ridotto in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio.

L’Istat, disattendendo la disposizione legislativa e la circolare esplicativa della Ragioneria Generale dello Stato, ha effettuato il calcolo con riferimento al solo personale di ruolo, così abbattendo il fondo di quasi 1,5 milioni di euro, per via dei pensionamenti.

La norma in questione, però, senza alcun bisogno di interpretazioni ma di una semplice lettura (possibilmente, attenta), parla in maniera chiara ed esplicita di “personale in servizio” e non di “personale di ruolo in servizio”, con la conseguenza ovvia e pacifica che ai fini della verifica di eventuali diminuzioni di personale in servizio negli anni dal 2011 al 2014 debba essere conteggiato anche il personale a tempo determinato (non avendo nulla a che spartire con questa vicenda il salario accessorio percepito dagli stessi, contrariamente a quanto sostenuto dai soliti mistificatori).

Tanto premesso e incontestabile, si evidenzia che in ciascuno degli anni compresi tra il 2011 e il 2014, all’Istat non c’è stata alcuna riduzione della consistenza media del personale in servizio e, quindi, non va effettuato alcun abbattimento rispetto all’importo del Fondo accessorio 2010.

L’effetto concreto e non teorico è che l’ammontare del fondo siccome calcolato dall’amministrazione deve essere aumentato di 1,5 milioni, cifra sufficiente, come già detto, per coprire i passaggi di livello e le progressioni economiche per tutto il personale che medio tempore ha maturato il diritto, senza alcuna riduzione delle altre voci del salario accessorio e senza alcun taglio delle prestazioni lavorative a turno.

Il macroscopico errore commesso dall’Istat è stato segnalato da Usi Ricerca - e non da altri - sin dal 27 marzo scorso, in occasione di un incontro di contrattazione integrativa con la delegazione trattante dell’ente, composta dai dirigenti Paolo Weber e Manlio Calzaroni, i quali si erano impegnati a far conoscere, a stretto giro, le determinazioni dell’amministrazione.

A distanza di 9 mesi, nonostante ripetuti solleciti e l’abbandono per protesta del tavolo della trattativa da parte dell’Usi, nessuna risposta è stata fornita dall’amministrazione presieduta da Giorgio Alleva e diretta da Tommaso Antonucci.

Se il comportamento dei vertici dell’Istat si appalesa meritevole di deplorazione, certamente non da plauso è quello di altri soggetti sindacali che alla attenta lettura del predetto comma 2 dell’art. 9 del decreto legge n. 78/2010 - assolutamente dirimente - mostrano di non essere interessati, atteso che fino a oggi, incredibilmente, non ne hanno mai fatto menzione nei loro numerosi comunicati, così dimostrando di essere in perfetta sintonia con l’amministrazione, la quale sembra prediligere la confusione alla rapida, legittima e necessaria risoluzione dei problemi riguardanti il personale.

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