Elogio della lentezza, di Lamberto Maffei, Il Mulino, Bologna, 2014, pp.146, euro 12.
Recensione di Roberto Tomei
Le pagine di questo agile e chiaro testo di Maffei, neurobiologo di fama internazionale e attuale Presidente dell’Accademia dei Lincei, analizzano i meccanismi cerebrali che orientano le reazioni rapide dell’organismo umano, di origine sia genetica sia culturale.
L’autore ci spiega che il cervello umano possiede sia meccanismi ancestrali rapidi di risposta all’ambiente, automatici o quasi automatici, sia meccanismi più lenti, comparsi successivamente. I primi sono comuni agli animali, sicché molte risposte del sistema nervoso rapido dell’uomo assomigliano a quelle degli altri animali, e sono in gran parte inconsci, mentre i secondi sono frutto di ragionamento.
Sta di fatto che, in modo assolutamente contraddittorio, la tendenza delle società cosiddette avanzate sembra assegnare ai primi una posizione predominante ed è opinione generale che l’insistere sulla rivalutazione dei secondi ”significhi invertire la freccia del progresso e delle aspirazioni, della nostra filosofia compresa la filosofia della scienza, e sia solo segno di un’attitudine tipicamente simile al rimpianto per il passato”.
Che piaccia o meno (chi scrive è tra quelli a cui non piace per niente), viviamo in un mondo veloce, dove il tempo si va progressivamente contraendo: in continua connessione, costretti a rispondere subito a e-mail, tweet e sms, e ripetutamente bombardati da immagini, in un vortice cognitivo e visivo. Dimentichiamo, purtroppo, così che il cervello è una macchina lenta (circostanza che Maffei ci ricorda sempre)e, nel tentativo di imitare le macchine veloci che ci circondano, andiamo incontro a frustrazioni e affanni.
Da qui l’invito a scoprire i vantaggi di una civiltà dedita alla riflessività e al pensiero lento, che ci dovrebbe consentire, secondo l’ammonimento di Seneca, di non seguire come pecore il gregge di chi ci precede, anche se andare controcorrente risulta faticoso.
Non è un caso che il libro inizi e si concluda con una riflessione su un motto, da Svetonio attribuito ad Augusto e fatto proprio da Cosimo I Medici, che recita così : festina lente (affrettati lentamente). Un gioco di ossimori che, nel pensiero del grande fiorentino, voleva significare “pensa e rifletti prima di agire nelle tue azioni di governo”, e che ci esorta ancora oggi a una prudente saggezza.
A Cosimo I Medici il motto piaceva così tanto che ordinò al Vasari di affrescare il Salone dei Cinquecento, a Firenze, con tantissime tartarughe che hanno una grande vela gonfiata dal vento sul loro carapace e una scritta che le accompagna, festina lente, appunto, simbolo del suo modo di agire e del suo pensiero.