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Sabato, 13 Dic 2025

Gli italiani, si sa, sono esterofili. Sempre pronti a copiare e scimmiottare ciò che accade negli altri paesi, fuorché il rifiuto di clientelismi e corruzione.

Ma è anche un popolo con la memoria corta. E così, a un certo punto, si è innamorato del bipolarismo, dimenticando di essere un paese che ha dato vita ad un ricco pensiero politico, tradottosi nel tempo in diversi movimenti politici, talvolta moltiplicati dall'elevato livello di litigiosità interno ad essi stessi.

Così, per imitare i paesi anglosassoni e gli Usa si è cercato di fondere in due opposti schieramenti pensieri politici e storie umane e sociali assai diverse.

Pensate, ad esempio, a quello che sono stati o sono il Popolo delle libertà e il Partito democratico, l'uno, ha unito ex missini, liberali, oltranzisti cattolici ed ex socialisti; l'altro, post democristiani, ex comunisti, ex socialisti. Qui e là, poi, si è collocato qualche radicale, sempre affezionato alla teoria pannelliana del transpartito.

Tutti, comunque, con un comune denominatore: per acquisire maggiori consensi, non avere una precisa base sociale di riferimento e, soprattutto, in tempi di cessati finanziamenti pubblici ai partiti, non avere come classe sociale di riferimento i più poveri, i più giovani. Tutt'altro, essi si sono distinti nel dare risposte esclusivamente ai più ricchi.

Né alle istanze dei più deboli sono state date risposte dalla sinistra-sinistra, fuori per scelta (Rc e altri) da questi schieramenti o espulsa dal Pd dopo le ultime elezioni politiche, come il caso di Sel, ancora troppo intenta a litigare al proprio interno, dopo anni in cui il motto è stato: “meno siamo, meglio stiamo”.

Una pratica che ha espresso capi e capetti, talvolta dediti a pratiche e finanziamenti non proprio trasparenti, e che ha fatto allontanare non pochi militanti e simpatizzanti, compresi molti che alla fine sono approdati nel “famigerato” M5S.

Come spesso accade in questo paese, il bipolarismo è stato condotto all'insegna del volemose bene, con pratiche consociative e interessi comuni che hanno totalmente dimenticato gli “ultimi” (pensionati e famiglie a basso reddito, giovani disoccupati) e che ha toccato il suo acme con il governo tecnico “di unità nazionale”, presieduto da Mario Monti. Una foglia di fico, quella dell'emergenza, che serviva a liquidare gli ultimi diritti, così come voleva la finanza internazionale e a far digerire le successive controriforme (o, come qualcuno le chiama, deforme) del governo Renzi, che sta assestando il colpo finale alla nostra democrazia. A quella democrazia e alla sua Carta fondante nata dalla Resistenza antifascista.

La riprova che le cose stanno così, è un debito pubblico che continua a salire a forza di provvedimenti clientelari, che nulla possono proprio per la loro natura meschina per risolvere i mali cronici dell'economia italiana, aggravati dalla peggiore crisi planetaria dal 1929 ad oggi. Un debito arrivato ad oggi a circa 2.327 miliardi, ma di cui nessuno parla più o, almeno, non se ne parlerà fino a che non si sarà tenuto il referendum costituzionale, comunque esso vada.

Se vincerà il Sì, ci diranno che la situazione si è improvvisamente aggravata; se a vincere sarà il No, ci diranno che per colpa del risultato i mercati sono crollati, lo spread è salito, la troika ci sanziona et similia. Insomma, il solito penoso teatrino.

Comunque vada, da ottobre aspettiamoci lacrime e sangue.

Sia come sia, gli italiani sembrano essersi svegliati e, o non votano perché non si sentono rappresentati (il primo partito italiano, al momento, è quello degli astensionisti), oppure, orfani di un partito di riferimento, votano per una speranza, che è tutta da verificare.

Una cosa è certa, gli italiani hanno deciso di rottamare un'intera classe politica – compreso il principe dei rottamatori – quella classe politica che ha interpretato la cosiddetta Seconda Repubblica (stavolta scimmiottando la Francia) e gli interessi di pochi a discapito della maggioranza. Una classe politica il cui punto più elevato è stato Mafia Capitale e tanti altri scandali che hanno investito trasversalmente gli eletti delle nostre città e in Parlamento. Una classe politica che, pur sconfitta, è pronta a tagliare i fondi alle città “ribelli”. In fondo, sarebbe una storia già vissuta, considerato che il governo Monti nacque dopo i referendum sull'acqua pubblica e il nucleare e dopo l'elezione dei cosiddetti sindaci arancioni, scelti dai cittadini anziché dalla nomenclatura.

Ora non resta da sperare che sia fatta pulizia, che siano difesi diritti e beni comuni dall'assalto dei poteri forti e, soprattutto, che i nuovi eletti non si facciano ammaliare dalle sirene trasformiste, sempre in agguato nel nostro paese, né dai cortigiani del Palazzo, sempre pronti a cambiare padrone, né dagli imprenditori del disagio sociale, che già vediamo ricollocarsi. Di similbuzzi ne è pieno il paese.

Gli italiani hanno bisogno di risposte serie e semplici, di piccole cose e non di Olimpiadi, che hanno già mandato in dissesto Grecia e Brasile. Pensate cosa accadrebbe qui da noi, dove l’organizzazione dell’evento verrebbe affidato a chi ha già gestito altri, di cui stiamo ancora pagando il conto iperbolico, come Italia '90 o i mondiali di nuoto del 2008.

L'importante è sì partecipare, ma partecipare tutti, con eguali diritti e opportunità, alla vita sociale ed economica del paese.

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