Con sentenza n. 2397 del 18 ottobre 2016, il Tar Palermo ha risolto, dando ragione al ricorrente, un interessante caso di ricusazione, prospettato in materia di concorsi universitari, nella specie si trattava di un posto di ricercatore.
Oggetto dell’impugnazione da parte del ricorrente è stata la nota dell’Università di Palermo con la quale era stata rigettata l’istanza di ricusazione formulata nei confronti di un docente, quale componente di commissione di concorso, motivata in ragione dell’attività di collaborazione scientifica dallo stesso docente intrattenuta con un altro concorrente nel medesimo concorso e controinteressato nel giudizio davanti al Tar.
Il Collegio ha ritenuto il ricorso fondato: da un lato, avuto riguardo agli artt. 51 e 52 del codice di procedura civile, dettati per i giudici, ma sempre estesi e ritenuti applicabili, in omaggio al principio costituzionale di imparzialità, anche agli organi amministrativi; dall’altro, in quanto, nel caso di specie, assumono rilievo diretto i principi costituzionali (di cui principalmente all’art. 97) recepiti e sviluppati nella legge n. 241/90 (soprattutto all’art. 1, e poi, anche all’art. 6 bis introdotto dalla legge anticorruzione n.190/2012, che ha normato il principio in materia di “conflitto di interessi”).
Dunque, tutte le volte in cui sia ipotizzabile un potenziale conflitto di interessi, ha precisato il Tar, il soggetto giudicante si deve astenere. E il conflitto di interessi - si legge nella sentenza - può esprimersi non solo in termini di “grave inimicizia” nei confronti di un candidato ma anche in tutte le ipotesi di peculiare “amicizia” o assiduità nei rapporti (personali, scientifici, lavorativi, di studio) rispetto a un altro concorrente, in misura tale che possa determinare anche solo il dubbio di un sostanziale “turbamento” o “offuscamento” del principio di imparzialità.