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Domenica, 19 Mag 2024

ISPRA RGB BANDDavvero singolare, se non unica al mondo, una vicenda che si sta consumando all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e che ha fatto inferocire alcune centinaia di dipendenti.

Ma veniamo ai fatti.

L’ente di ricerca di via Brancati, che negli ultimi anni ha più volte cambiato denominazione (da Anpa ad Apat, a Irpa, per finire a Ispra), è tra le tante amministrazioni pubbliche che si avvalgono di prestazioni lavorative da parte di personale assunto a tempo determinato.

Ebbene, tale personale si differenzia da quello di ruolo soltanto perché il contratto di lavoro non è usque ad finem, ovvero fino alla pensione, bensì per un determinato periodo di tempo.

Per il resto, i diritti e i doveri sono i medesimi del personale a tempo indeterminato e, tra i primi, figura sia il trattamento retributivo fisso che quello accessorio.

In realtà, a voler essere proprio precisi, un’altra differenza, di carattere contabile, c’è rispetto all’altro personale, nel senso che il trattamento retributivo, compreso quello accessorio, e anche quello contributivo, non grava sui fondi ordinari del datore di lavoro bensì sui fondi esterni per attività di ricerca svolta per conto di organismi terzi, per lo svolgimento delle quali attività essi dipendenti con contratto a termine sono stati assunti.

Per la determinazione sia del salario fisso che di quello variabile (accessorio) spettante agli stessi, si fa riferimento sia al contratto collettivo nazionale degli enti di ricerca che ai contratti integrativi di ente, per cui il personale a termine, pur non gravando sul fondo ordinario per il salario accessorio costituito per il personale di ruolo attraverso un complesso meccanismo (che negli ultimi anni ne ha ridotto non di poco l’ammontare), percepiscono i medesimi importi mensili e/o annuali (indennità mensile, indennità di ente annuale, indennità per la produttività individuale e collettiva, rimborsi per prestazioni di lavoro straordinario, indennità di turno et similia).

Fatta questa doverosa premessa, si è appreso che, dal 2006 al 2010, l’Ispra non ha corrisposto al personale a tempo determinato l’indennità per la produttività individuale e collettiva, sul presupposto che lo stesso personale non fosse destinatario dello specifico trattamento retributivo accessorio che, invece, è stato regolarmente erogato al personale di ruolo, con onere a carico del fondo per il salario accessorio.

Risultati infruttuosi i tentativi di conciliazione bonaria tra le parti, il contenzioso è approdato in tribunale, che ha dato pienamente ragione ai ricorrenti, condannando l’Ispra a corrispondere l’indennità di produttività collettiva e individuale anche al personale a tempo determinato.

Tutti felici e contenti? Macché.

Il 15 ottobre scorso, con un comunicato al personale, l’ente presieduto da Bernardo De Bernardinis dava notizia delle pronunce da parte del tribunale e dichiarava di essere pronto, stante l’immediata esecutività delle sentenze, a dare corso al pagamento di quanto spettante ai ricorrenti, ponendo però il relativo onere a carico del personale di ruolo.

In pratica, anziché attingere dalle risorse di bilancio e giustificare il suo operato agli organismi di controllo, l’amministrazione vorrebbe risolvere l’incresciosa vicenda con un semplice calcolo aritmetico, ovvero riprendendo la parte di salario accessorio a suo tempo erogata al personale di ruolo a titolo di indennità di produttività collettiva e individuale e dividendola per un numero di beneficiari comprensivo anche del personale a tempo determinato, con inevitabile riduzione della somma pro capite, già percepita dallo stesso personale di ruolo che, sempre secondo l’Ispra, dovrebbe subire un conguaglio negativo in una delle prossime buste paga, così scrivendo la parole fine alla originale vicenda.

L’ente, dunque, dopo aver perso in tribunale, ha presentato il conto (circa 120/150 mila euro complessivi) al personale di ruolo, del tutto estraneo alla vicenda, tant’è che non è mai stato chiamato in giudizio come controinteressato, né dal Tribunale, né dai ricorrenti e neppure dallo stesso ente.

Il tentativo dell’Ispra di scaricare sul personale di ruolo il costo delle sentenze del tribunale sembra destinato a fallire miseramente, anche perché urta rumorosamente contro norme contrattuali e principi giuridici, che non hanno bisogno di alcuna interpretazione.

Sarebbe, comunque, davvero grave se l’ente di via Brancati procedesse unilateralmente al predetto conguaglio, poiché finirebbe per generare centinaia di nuovi contenziosi, dai costi imprevedibili per lo stesso ente che, a quel punto, dovrebbe trovare qualcun altro a cui addebitarli.

Impresa davvero ardua!

Andrea Vennari e Salvatore Macchia - Coordinatori Usi-Ricerca/Ispra

 

 

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