Redazione
Secondo quanto riferito nei giorni scorsi dall'Istat, "nel 2010 la spesa media mensile per famiglia è pari, in valori correnti, a 2.453 euro, con una variazione rispetto all'anno precedente di +0,5%. Tenuto conto dell'errore campionario (0,6%) e della variazione del fitto figurativo (+0,2%), la spesa risulta stabile in termini reali nonostante la dinamica inflazionistica (+1,5%)". Una precisazione, quest'ultima, non necessaria, ma ampiamente ripresa dai media.
Il ragionamento della statistica ufficiale, però, fa più di una piega.
Come mai era successo fino ad ora, viene chiamato in ballo - e a nostro avviso a sproposito - l'errore campionario, vale a dire l'intervallo intorno al quale oscilla il valore medio, per eccesso o per difetto.
Un elemento che non ha nulla a che vedere con il confronto della spesa al netto dell'inflazione e che, peraltro, è rimasto invariato rispetto agli anni precedenti.
Anche l'altro fattore, che secondo l'Istat giustificherebbe la sostanziale stabilità, appare fallace.
Infatti, il fitto figurativo, ovvero l'affitto presunto che un proprietario di abitazione dovrebbe pagare in qualità di inquilino di se stesso, secondo quanto risulta dai dati Istat, nel 2010 ha un deflatore di +2,7%, quasi il doppio dell'inflazione.
A conti fatti, se la spesa delle famiglie è aumentata solo dello 0,5%, ma l'inflazione è stata di +1,5%, gli acquisti si sono ridotti di circa un punto percentuale. Se poi si vogliono considerare anche i fitti figurativi, la situazione è anche ben peggiore. Quindi, per il secondo anno consecutivo, le famiglie italiane sono state costrette a ridurre pesantemente i loro consumi. Altro che stabilità.
Senza dimenticare che i consumi delle famiglie rappresentano una parte considerevole del Pil e che nel conto economico 2010 l'Istat aveva diagnosticato una crescita dell'1% in termini reali della spesa delle famiglie, tenuto conto, però, dell'aumento della popolazione.