di Alex Malaspina
Il nuovo assetto dirigenziale dell’Istat è in vigore. A disegnarlo è stato il cda dell’ente. L’obiettivo dichiarato era quello di realizzare risparmi di spesa. Ma così non sembra.
Il numero complessivo dei dirigenti, già ridotti da 76 a 71 per effetto della legge 133/2008, è stato di nuovo aumentato a 73, dopo il riordino dell’ente effettuato con Dpr 166/2010.
La mappa degli uffici dirigenziali varata dal board dell’Istat, però, non solo ha visto lievitare le posizioni apicali, da 17 a 20, ma ha introdotto anche la dirigenza amministrativa.
La conseguente riduzione dei dirigenti di servizi tecnici e di sedi territoriali non sembra essere stata sufficiente a determinare risparmi complessivi di spesa.
Confrontando sulla base delle retribuzioni attuali la situazione pregressa con quella odierna, la spesa complessiva per la dirigenza è aumentata di oltre 500 mila euro, quasi l’8% in più. In disparte il costo dei dirigenti in esonero.
Esattamente l’opposto di quanto previsto dal Ragioniere dello Stato in sede di “bollinatura” del Regolamento di riordino dell’ente statistico. Se l’alta dirigenza può ritenersi gratificata, visto che gli emolumenti oscillano tra i 189 mila euro per il dg, i 175 per i capi dipartimento e i 145 per i direttori centrali, non altrettanto può dirsi per il restante personale, che non solo deve fare i conti con il blocco dei contratti fino a tutto il 2014 e salvo proroghe, ma deve scontare anche i ritardi dell’ente di via Balbo che da quasi un anno non rimborsa i contributi assistenziali.
Una politica contraddittoria, visto che il direttore generale a causa “della particolare e contingente situazione finanziaria”, nei giorni scorsi ha invitato il personale “a tenere ogni comportamento utile a evitare sprechi e diseconomie, spegnendo luci e computer a fine giornata e riducendo il consumo di carta per fotocopiatrici e stampanti”.