di Biancamaria Gentili
Un dipendente dell’Istat un anno fa aveva fatto una istruttoria da manuale per ottenere, dal 1° novembre 2011, l’esonero dal servizio, previsto dall’art. 72 della legge 133/2008 e cambiare completamente vita.
La relativa documentazione, debitamente protocollata, è stata acquisita dell’ente statistico il 18 gennaio 2011. I competenti uffici avrebbero dovuto formalizzare, con una apposita deliberazione, l’accoglimento dell’istanza.
E’ accaduto, invece, che siano passati inutilmente molti mesi, senza che all’istante arrivasse l’agognata delibera e ciò nonostante le sollecitazioni verbali del medesimo, al quale veniva sistematicamente replicato che “non c’era alcuna fretta”.
Ma il 10 ottobre scorso, l’Istat dava segni di vita e, anziché trasmettere al dipendente il provvedimento, gli inviava una mail con la quale precisava testualmente: “Con riferimento alla sua richiesta di esonero inoltrata il 18 gennaio 2011, si comunica che per intervenute variazioni normative in materia di trattamento pensionistico, la data di decorrenza dell’esonero è stata posticipata al 20 gennaio 2013 ...”.
Il paziente dipendente, che questa volta si aspettava che a stretto giro l’Istat finalmente formalizzasse il provvedimento di concessione dell’esonero, non solo si è dovuto ricredere, ma al momento della conversione in legge del decreto “Salva Italia”, avvenuta il 27 dicembre 2011, ha scoperto che la normativa sull’esonero era stata abrogata e che erano fatti salvi “i provvedimenti di concessione emanati prima del 4 dicembre 2011”.
In altri più tragici termini, per l’istante non c’era più niente da fare. Una cosa è certa: di tutti può essere la colpa del mancato esonero, tranne che del malcapitato dipendente.
Sta di fatto che dieci mesi sono passati invano e non si riesce davvero a comprendere perché alla tardiva e irrituale mail del 10 ottobre 2011 non abbia fatto immediatamente seguito l’emanazione del provvedimento formale. Che poteva, anzi doveva, intervenire anche senza mail, cambiando semplicemente nomi e date a una precedente delibera.
Non è davvero facile descrivere lo stato di prostrazione, misto a rabbia, in cui è precipitato il malcapitato, che a tutto è disposto meno che a subire un incredibile e ingiustificabile torto.
Probabilmente la vicenda non finirà qui. Anzi comincia solo ora perché è intenzione del mancato “esonerato” di portare tutta la vicenda in Tribunale.
E dire che l’Istat da tempo colleziona premi per aver realizzato “piani di miglioramento che hanno raggiunto i risultati attesi”. Forse da tutti ma non dallo sfortunato dipendente.