di Rocco Tritto
L’intricata matassa della nomina del presidente dell’Istat, che il governo da più di sei mesi non riusciva a sbrogliare, sembra sul punto di dipanarsi.
La scorsa settimana, infatti, Il Foglietto – unico organo di informazione ad averlo rilevato – ha dato notizia di un apparentemente innocuo “codicillo”, sotto forma di emendamento presentato dal governo, inserito nel decreto legge n. 101/2013, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, decreto convertito qualche giorno fa e in attesa di pubblicazione in Gazzetta.
Il predetto codicillo, incluso nell’articolo aggiuntivo 8-bis del detto decreto restringe l’ambito di scelta del presidente dell’Istat, aggiungendo al requisito di professore ordinario in materie statistiche, economiche ed affini, quello dell’«esperienza internazionale».
Insomma, per diventare presidente dell’Istat non è più sufficiente essere cattedratico nelle materie previste dalla legge, ma occorre anche avere questa benedetta «esperienza», di cui neppure i tecnici del Parlamento sono riusciti a comprendere la fine sostanza.
Sta di fatto che, effettuata la conversione in legge del decreto, la presidenza dell’Istat, che sembrava essere stata dimenticata dal governo dopo averla affidata a un facente funzioni, è tornata prepotentemente alla ribalta.
C’è quasi unanime concordia tra gli osservatori sul fatto che a breve, dopo l’entrata in vigore della suddetta legge di conversione, il ministro della Funzione pubblica, cui spetta la vigilanza sull’ente di via Balbo, proporrà al governo il nome del successore di Enrico Giovannini, così chiudendo l’esperienza del facente funzioni, con tutte le polemiche che l’hanno accompagnata.
Il codicillo dell’«esperienza internazionale» è stato segnale sufficiente per dare il via al totonomine tra gli addetti ai lavori.
Tutto sembra far convergere sul nome di Pier Carlo Padoan, del quale – per inciso – i più potenti motori di ricerca e i social network non rendono noto luogo e data di nascita, ma considerato uno dei pochi, se non l’unico, che, oltre a essere ordinario di Economia all’Università La Sapienza, è capo economista e vicedirettore generale dell'Ocse, dopo essere stato, dal 2001 al 2005, direttore esecutivo per l'Italia del Fondo monetario internazionale con responsabilità su Grecia, Portogallo, San Marino, Albania e Timor Est, in possesso dunque di «esperienza internazionale», nel senso di aver lavorato all’estero.
Ma anche in Italia Padoan, quando c’è stato, non è rimasto con le mani in mano, avendo ricoperto l’incarico di direttore della Fondazione Italianieuropei, presieduta da Massimo D’Alema, nel cui advisory board figura tuttora.
In passato, dal 1998 al 2001, Padoan è stato consulente economico per due primi ministri italiani: lo stesso Massimo D'Alema e Giuliano Amato.
Un fatto è certo, ossia che il codicillo sull’esperienza internazionale sembra essere stato maldigerito da quanti, prima che esso inopinatamente spuntasse dalla fantasia del governo o di qualche suo singolo componente, nutrivano, poiché in possesso sia dei requisiti accademici richiesti che di ogni altra esperienza possibile, maturata però al di qua delle Alpi, legittime aspirazioni di essere chiamati a ricoprire l’ambita carica di “supremo magistrato del dato”, assolutamente super partes.
Altri, invece, più malignamente, vedono nel codicillo quasi un pretesto per assicurare all'Unione europea una sorta di commissariamento della statistica italiana.
Se le previsioni saranno confermate, s’avanzerebbe, dunque, una nuova tendenza: se finora per giungere al vertice dell’Istat occorreva passare, in qualità di presidente, dalla commissione per la garanzia dell’informazione statistica, come era accaduto per Alberto Zuliani e Luigi Biggeri, da Giovannini in poi occorre transitare dall’Ocse.