di Biancamaria Gentili
Dietro segnalazione di Usi/RdB, la Corte dei conti nel 2008 citò in giudizio per danno erariale, conseguente alla mancata applicazione delle sanzioni ai non rispondenti ai questionari statistici, i vertici dell'Istat dell'epoca.
Il Governo (Prodi), dopo la notifica agli interessati dell'invito a dedurre (prodromico alla citazione), varò, con efficacia retroattiva, l'art. 44 del D. L. n. 248 del 2007, convertito in legge con voto trasversale maggioranza-opposizione. La Procura della Corte dei conti sollevò la questione di legittimità costituzionale della norma per contrasto con gli artt. 3, 77, 97, 101 (2 comma), 103 e 108 ella Carta Fondamentale.
Con sentenza 21 marzo 2011, n. 93, la Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la questione. Per la Consulta, non c'è contrasto con l'art.77, perché la scelta del decreto-legge è di merito e attiene alla responsabilità del Governo nei confronti delle Camere, chiamate poi a convertirlo. E passi.
Si fa invece più fatica a seguire la Corte quando si spinge addirittura a richiamare il preambolo del decreto medesimo, preordinato "a conseguire una maggiore funzionalità delle pp.aa.", per dire che l'art. 44 mirava proprio a garantire la funzionalità dell'Istat, su cui poteva influire negativamente l'elevata quantità dei procedimenti sanzionatori promuovibili.Che è come avallare una norma retroattiva che abolisca le multe agli automobilisti, dato che le relative impugnazioni ostacolano la funzionalità degli uffici preposti a quella branca dell'amministrazione.
E visto che si voleva garantire la funzionalità dell'Istat, per la Corte è stato rispettato anche il principio di buon andamento (art. 97 Cost), anche se le somme ricavate dall'applicazione delle sanzioni un aiutino alla realizzazione di quel principio ben potevano darlo.
Non proprio perspicua appare poi la sentenza là dove cerca di superare le censure svolte con riguardo all'art. 3; se possibile, è ancora meno chiara quando giustifica la locuzione "formale rifiuto", di cui si sottovalutano gli effetti devastanti, oltre che paradossali, sullo svolgimento delle rilevazioni, peraltro, a suo tempo, ben evidenziati sia in Parlamento che dai media.
Notevole, poi, la sottigliezza del discorso della Corte per giustificare l'osservanza degli artt.101, 103 e 108 Cost.: l'art. 44 non incide sulle attribuzioni del giudice contabile perché solo con l'atto di citazione esso è investito della causa e ha inizio il relativo giudizio, mentre l'invito a dedurre rientra nella fase pre-processuale del procedimento, quando la proposizione dell'azione di responsabilità è ancora del tutto eventuale.
Tanto premesso, secondo la Corte, deve escludersi che l'art. 44 sia stato emanato con "l'intento di risolvere una specifica controversia e di incidere su un giudizio in corso, per determinarne l'esito".
E' stata, insomma, soltanto una coincidenza. Viene però da chiedersi come mai il legislatore abbia aspettato così tanto (80 anni!) per "stabilire una nuova regola, generale e astratta " per agevolare la funzionalità degli uffici della statistica ufficiale.
Visto che c'era, spiace solo che la Corte non si sia pronunciata anche sulla sussistenza o meno del danno statistico, cioè sulla qualità dei dati, a fronte di tanti mancati rispondenti (soprattutto imprese) da sanzionare.
Sta di fatto, che la Corte dei conti aveva quantificato un danno erariale, per il periodo considerato, di oltre 190 mln di euro.