di Adriana Spera
La lunga e travagliata vicenda dei concorsi ex articolo 64 per le progressioni di livello di ricercatori e tecnologi del Cnr ha fatto registrare due nuovi colpi di scena.
Dopo l’interminabile querelle, sulla natura del giudice che si sarebbe dovuto occupare dei numerosi ricorsi proposti all’indomani della pubblicazione delle graduatorie, conclusasi lo scorso anno con la decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ha individuato il Tar come giudice competente sulla materia, dal Tribunale amministrativo sono state emesse due sentenze che, per motivi diversi, fanno molto ma molto discutere.
Entrambi i ricorsi avevano ad oggetto graduatorie per la progressione a dirigente di ricerca.
Il primo, per l’area disciplinare “Scienze della Terra”, pur essendo stato accolto dal collegio, ha costretto il ricorrente-vincitore addirittura a ricorrere in appello al Consiglio di Stato. Il ricorrente, infatti, denunciando e documentando gravi irregolarità nello svolgimento della procedura concorsuale, aveva chiesto al Tar l’annullamento di tutta la procedura e la conseguente rinnovazione della stessa.
Il Tribunale, pur avendo accolto in toto le argomentazione del ricorrente, da un lato ha affermato che “la commissione non ha operato con chiarezza, atteso che non dava conto della puntuale e motivata valutazione di tutti i titoli presenti nel curriculum dei candidati né specificava il punteggio attribuito a ciascun titolo”, dall’altro, anziché annullare tutta la procedura, ha ordinato al Cnr di rivalutare la posizione non di tutti i candidati ma del solo ricorrente.
Rivalutazione, peraltro, non ancora effettuata in quanto una nuova commissione, appositamente nominata dal Cnr, si è subito dimessa (!).
Non meno discutibile è risultata la decisione del Tar per dirigente di ricerca - Area Scienze tecnologiche e di base per la medicina - ora in appello. La ricorrente, che per la valutazione dei titoli aveva ottenuto un punteggio di pochissimo inferiore a 50/70, contestò lo sbarramento frapposto dal bando ai fini del conseguimento del punteggio per la valorizzazione dell’attività professionale, legato alla fascia stipendiale.
Tale sbarramento è stato ritenuto legittimo dal Tar sull’errato presupposto che l’avanzamento di fascia è un automatismo contrattuale, che si consegue per mera anzianità di servizio.
Peccato che a sostenere tale aberrante tesi, recepita dal Tar, sia stato il Cnr, secondo il quale la valorizzazione professionale è un criterio ‘freddo’, basato esclusivamente sull’anzianità.
Una tesi che trascura clamorosamente l’articolo 4 del ccnl 1994-1997, secondo biennio.