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Giovedì, 04 Lug 2024

Redazione

Di seguito, il testo del comunicato diffuso oggi da Usi/RdB-Istat, che affronta importanti questioni che interessano l'Istat e i suoi dipendenti: valutazione della performance, strutture tecniche dell'ente, scorrimento delle graduatorie, salario accessorio, appalti e quant’altro.

Talvolta - scrive Usi/RdB - non è facile individuare dove finisce la comunicazione e dove inizia la propaganda. Nel caso dell’ultimo comunicato del presidente dell’Istat del 26 aprile scorso, però, non si hanno dubbi che la seconda prevalga di gran lunga sulla prima. Se, da un lato è ammirevole la costanza con la quale Giovannini continua a sfornare comunicati per il personale, dall’altro sarebbe sicuramente più apprezzato un contenuto meglio aderente alla realtà dei fatti.

La nuova articolazione delle strutture tecniche, ad esempio, non è altro che la creazione di 3 nuove posizioni dirigenziali di capo dipartimento (e relative poltrone) che si vanno a sovrapporre alle attuali direzioni. Nel lasciare praticamente invariato il numero e le attribuzioni delle attuali direzioni, il presidente in carica sembra aver dimenticato che a settembre 2009, subito dopo il suo insediamento, apparve estremamente critico nei loro confronti e promise radicali cambiamenti.

Come la riorganizzazione si possa tradurre in un aumento dell’efficienza e dello sfruttamento delle economie di scala o di scopo è difficile da immaginare, anche alla luce dell’analoga esperienza fallimentare del Cnr, in cui  i dipartimenti sono una inutile sovrastruttura rispetto agli istituti di ricerca.

Una cosa sembra inevitabile: con la riorganizzazione aumenteranno i costi di gestione dell’Istat, andando esattamente contro le finalità della legge 133/2008 del ministro vigilante Brunetta e dello stesso Dpr 166/2010 di riordino dell’Istat emanato per “conseguire gli obiettivi di riduzione del complesso della spesa di funzionamento dell'Istituto nazionale di statistica”.

Non altrettanto positiva può essere definita la revisione della dotazione organica, che per fare spazio alla dirigenza amministrativa ha dovuto sacrificare numerosi posti. Secondo il presidente dell’Istat la nuova dotazione organica risponde maggiormente alle esigenze di un ente di ricerca. Se così fosse, non si avvertirebbe la necessità di riaprire la piaga del precariato, come di fatto è avvenuto.

Dall’inizio della gestione Giovannini, all’Istat sono stati assunti circa 350 lavoratori a tempo determinato, con contratti al massimo di 2 anni e scarse prospettive di stabilizzazione (basta considerare, ad esempio, l’eccedenza di circa 60 collaboratori tecnici di VI livello rispetto al vincolo della pianta organica).

E lo tsunami dei precari non è finito, in quanto sono attive 5 ulteriori selezioni (2 per Cter di VI livello, 2 per ricercatore o tecnologo di III livello ed una per primo tecnologo di II livello, assolutamente scandalosa in quanto all’interno dell’Istituto è sicuramente presente personale preparato cui affidare compiti di maggiore responsabilità). Una situazione che presto diverrà esplosiva, ma che almeno in parte si sarebbe potuta evitare anticipando l’espletamento dei concorsi a tempo indeterminato di collaboratori tecnici di VI livello - per i quali oggi sembra non ci sia più la copertura finanziaria - la cui spesa era già stata autorizzata con i fondi del turn over 2008, utilizzati, invece, per lo scorrimento di graduatorie di concorsi pubblici di I e II livello.

E veniamo, quindi, al capitolo Isae, le cui funzioni sono state assorbite dall’Istat a partire dall’inizio di quest’anno, insieme al personale dei primi 3 livelli e a 2 dirigenti amministrativi a termine (ma non era più utile collocare questi ultimi al ministero dell’economia?).

La logica avrebbe preteso che si fossero sommate tra loro le due “piante organiche”. Invece ci si è limitati ad aggiungere il personale ex-Isae entrante alla pianta organica dell’Istat, con ovvia penalizzazione di tutti i primi 3 livelli in termini di prospettive di carriera.

Nessuna delle funzioni in precedenza svolte dall’Isae trova, poi, ingresso nel nuovo disegno organizzativo dell’Istat, mortificando in tal modo le figure professionali che rivestivano incarichi di responsabilità nel soppresso istituto di analisi economica e che ora scompaiono all’interno delle direzioni o dei dipartimenti.

Il presidente dell’Istat ritiene che sia sufficiente assegnare le funzioni ex-Isae di previsione economica al dipartimento “trasversale” per garantire l’indipendenza rispetto ai dati di consuntivo prodotti dagli altri dipartimenti.

Una tesi alquanto singolare, buona forse per gli ingenui o per coloro che non vogliono vedere.

Con l’avvio della procedura di acquisizione della manifestazione di interesse per il conferimento di incarichi dirigenziali per 4 direttori di dipartimento e 11 direzioni centrali, tutte per l’area tecnica, e della selezione interna per l’incarico di direttore centrale del personale, dovrebbe venirsi finalmente a formare la squadra di Giovannini.

C’è solo da augurarsi  che non si assista ad un semplice giro di valzer e che non si ripeta quanto già visto per la nomina del direttore generale, avvenuta dopo 21 mesi di interinato e 2 avvisi pubblici di selezione e coincisa, nel segno della conservazione,  con la stessa persona, che non aveva risposto al primo avviso pubblico, e che – forse per questo - il presidente uscente Biggeri aveva individuato come direttore ad interim.

Si tratta, però, di questioni che interessano solo marginalmente il personale, che continua a rimanere afflitto da gravi problemi irrisolti, ai quali si aggiungono le penalizzazioni economiche introdotte lo scorso anno dal Governo per tutto il pubblico impiego.

E’ davvero incredibile la pervicacia con la quale l’amministrazione da oltre 6 mesi continua a non voler fornire chiarimenti in ordine alle modalità di quantificazione degli importi di salario accessorio spettanti a ciascun lavoratore.

A nulla sono valse finora le richieste di Usi/RdB avanzate prima in sede di contrattazione integrativa e poi ribadite con una diffida trasmessa dall’ufficio legale.

Un ritardo inaccettabile, considerando che si tratta di esibire dati contabili sotto forma di tabella, un esercizio che non dovrebbe risultare particolarmente difficile per un istituto di statistica.

Che dire poi delle restrizioni introdotte lo scorso anno, che all’Istat vengono interpretate nella maniera più penalizzante possibile per i lavoratori?

All’azzeramento delle diarie per gli incarichi di missione, si aggiungono i tagli alla formazione (che sorprendentemente coincidono con l’avvio della Scuola di Statistica) e quelli per la partecipazione a convegni.

Di recente, poi, l’amministrazione avrebbe interpretato in maniera bizzarra il blocco delle retribuzioni, rifiutandosi di remunerare incarichi effettuati ex novo dal 2011, come ad esempio quello di responsabile di sede, che – come noto – prevede l’indennità di turno. Interpretazioni ingiustificatamente restrittive sono riconducibili anche all’annuncio dell’amministrazione di voler  procedere al riconoscimento solo ai fini giuridici e non anche economici dei passaggi di fascia ordinari previsti per i ricercatori e tecnologi.

In tempi di crisi, il presidente dell’Istat non si fa però mancare nulla quando si tratta di questioni di suo interesse. E’ recente la nomina di una Commissione Scientifica formata da 54 membri, di cui 23 esterni, tra i quali molti provenienti da altre città d’Italia se non dall’estero, ai quali dovranno essere rimborsate quantomeno le spese di viaggio e soggiorno. Oggetto di studio della commissione è la misurazione del benessere, ma non certo di quello dei lavoratori dell’Istat.

Nonostante le promesse di Giovannini, alle quali Usi/RdB aveva dato credito, resta ancora irrisolto il problema del sottoinquadramento, sia per i collaboratori tecnici idonei al concorso pubblico a tecnologo di III livello, sia per quelli utilmente collocati nelle selezioni a termine, ai quali è stata negata l’opportunità, prevista dall’articolo 17 del Ccnl degli enti di ricerca, di porsi in aspettativa per effettuare esperienze di arricchimento professionale.

Da un po’ di tempo l’amministrazione sembra, invece, concentrarsi sulla valutazione della performance. Nel corso di incontri più o meno “carbonari” con il personale, i solerti direttori o dirigenti dei servizi annunciano al personale che a breve sarà a loro trasmessa la scheda di valutazione individuale redatta secondo quanto previsto nel “Sistema di misurazione e valutazione della performance in Istat” di dicembre 2010.

Una procedura intrapresa unilateralmente, che si appalesa totalmente illegittima in quanto non prevista dal d. lgs. 150/2009 (decreto Brunetta). Trattandosi di una procedura sperimentale, la stessa andava concordata con le organizzazioni sindacali rappresentative, e, comunque, da effettuarsi eventualmente su base volontaria e senza che alcuna traccia del risultato finisse nei fascicoli personali dei lavoratori che, avessero deciso di sottoporsi al test. L’amministrazione, invece, ha deciso di forzare la mano, assumendosene tutte le responsabilità, senza sottacere l’ulteriore aspetto delle numerose incoerenze contenute nel documento predisposto dall’Organismo indipendente di valutazione, che rendono praticamente inapplicabile – per il futuro -  una corretta valutazione del personale. Non v’è dubbio alcuno, che se l’Istat proseguirà su questa strada, finirà per aprire, prima o poi, un ampio contenzioso tra i lavoratori; un conflitto che rischia di paralizzare l’attività stessa dell’Istituto, che meglio farebbe a concentrarsi sul miglioramento dell’efficienza dei processi amministrativi e di quelli di produzione statistica.

Ma si tratta di un’amministrazione che, al di là delle belle parole, evidentemente ha in scarsa considerazione i propri dipendenti, considerando che promette ma non mantiene (come nel caso dello scorrimento delle graduatorie dei concorsi ex art. 54, in cui si è perfino sottratta al confronto previsto dall’accordo), che assume iniziative nei confronti dei lavoratori senza consultare i sindacati ed omette di informarli su questioni di estrema importanza, come ad esempio il nuovo regolamento di organizzazione, di cui non c’è traccia anche se sarebbe stato già firmato dal ministro competente.

Al tempo stesso, è un’amministrazione che ha perseverato nel mantenere le censurabili pratiche della precedente gestione, come il ricorso agli appalti per l’affidamento all’esterno di intere fasi delle indagini statistiche, che invece – ad avviso di Usi/RdB - dovrebbero essere ricondotte all’interno, anche con l’utilizzo dello strumento del telelavoro, offrendo opportunità di crescita professionale e al tempo stesso conseguendo risparmi di gestione e miglioramento della qualità dei prodotti; come la proliferazione di gruppi di lavoro di dubbia utilità, spesso confusi con l’attività ordinaria; come la scarsa trasparenza nelle modalità di assegnazione delle valutazioni nei concorsi (pubblici e interni), in cui un candidato si ritrova assegnato un punteggio senza poter neanche lontanamente ricostruire l’iter logico-argomentativo che lo giustifichi.

In un comunicato sindacale del 28 luglio 2009, dal titolo “Istat, nuovo Presidente, vecchi problemi, Usi/RdB nell’accogliere con spirito pronto alla collaborazione l’avvenuta nomina di Giovannini alla presidenza dell’Istat, lo invitava a risolvere i numerosi problemi aperti, tra cui erano citati, ex multis: organizzazione del lavoro; rilancio del ruolo degli uffici regionali e del Sistan; effettuazione con personale interno di importanti indagini oggi affidate all’esterno; completamento delle procedure di stabilizzazione; integrale scorrimento delle graduatorie degli idonei nei concorsi pubblici e interni; emarginazione di importanti risorse umane.

Nulla, o quasi, di ciò è stato realizzato, ma ai vecchi problemi se ne sono aggiunti di nuovi, peraltro solo in parte ricordati.

La situazione delle condizioni di lavoro è tutt’altro che migliorata. Era la fine dell’estate 2009, quando l’Istat optò per l’edificio di viale Oceano Pacifico in sostituzione della sede di via Ravà, che a detta dell’amministrazione doveva essere lasciata con urgenza e senza possibilità di rinnovo del contratto.

A distanza di quasi due anni, la nuova sede è ancora in fase di ristrutturazione e ad Usi/RdB è stata negata la possibilità di verificare de visu lo stato dell’arte, mentre il personale si trova ancora in via Ravà. Nella sede di via Balbo, i lavori sono stati eseguiti solo ai piani nobili; via Tuscolana è stata trasformata da tempo in un cantiere e si sono registrati gravi episodi di esalazioni nocive; a via De Pretis 74/b continua il rifacimento di un piano alla volta e a viale Liegi per non essere da meno, si è pensato di ripavimentare il garage e la rampa di accesso.

In tutto questo l’amministrazione continua a tergiversare sulla costruzione della sede unica e sembra preoccupata unicamente di acquisire in locazione la palazzina ex-Isae di piazza Indipendenza, di proprietà della Banca d’Italia, che appare tutt’altro che in regola sotto il profilo della idoneità e della sicurezza.

Alla luce di quanto sopra, sorge spontanea per il sindacato una domanda: qual è la fotografia dell’Istat, quella scattata da Giovannini oppure quella fatta da Usi/RdB?

Ai lavoratori la (non) ardua sentenza.

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