di Biancamaria Gentili
Anche per una dipendente dell’Istat l’imminente Natale sarà sicuramente felice.
L’ente di via Balbo si appresta a recapitarle un assegno di oltre 15 mila euro netti (20 mila lordi), in virtù di una sentenza del Tribunale di Roma, seguita a una causa intentata con l’assistenza gratuita dell’ufficio legale dell’Usi.
Era già successo per Ignazio Balsamo e Angelo Pirillo, dipendenti del Cra di Acireale, ai quali il ministero delle Politiche agricole ha liquidato nei giorni scorsi la tutt’altro che modesta cifra di 19 mila euro pro-capite.
Ma veniamo alla vicenda della dipendente dell’ente statistico che, entrata nei ruoli dell’ente, a seguito di pubblico concorso, a marzo 1997, come collaboratore tecnico di VI livello, nel 2002 aveva partecipato a un altro concorso pubblico, sempre indetto dall’Istat, a 7 posti di collaboratore di IV livello, classificandosi al 10 posto.
In virtù di tale collocazione, la dipendente aveva diritto a uno dei due posti riservati al personale interno, siccome previsto dell'art. 13, comma 3 lett. b), del dpr n. 171/91. Per l’Istat, invece, tale riserva non trovava applicazione in quanto tra i vincitori vi erano candidati già dipendenti dell’ente. Non convinta di tale interpretazione, la dipendente si rivolgeva al sindacato Usi/RdB, che condivideva le sue doglianze, al pari del proprio Ufficio legale per il tramite del quale la medesima dipendente, a titolo completamente gratuito, adiva il Tribunale del lavoro di Roma.
Al cospetto dell’organo giurisdizionale, l’Istituto nazionale di statistica si difendeva sostenendo che, in passato, in situazioni del tutto analoghe a quella della ricorrente, mai aveva riconosciuto la “riserva” in caso di presenza tra i vincitori di concorsi pubblici di dipendenti dell’ente.
In disparte la circostanza che tali ultimi avevano avuto l'investitura non in forza della “riserva”, ma in base alle valutazioni e ai risultati concorsuali, l’affermazione dell’Istat risultava davvero incauta, in quanto la difesa della ricorrente dimostrava documentalmente il contrario.
Inevitabile, dunque, la condanna - anche alle spese di lite (1620 euro) - da parte del Tribunale, secondo il quale l’Istat, nel caso in esame, “ha operato una scelta irragionevole e ingiustamente sperequativa e ha leso diritti economico-patrimoniali della ricorrente che, pur avendone titolo, si è vista negare una anzianità” giuridica, economica e contributiva di circa quattro anni.