Comunicato Usi-Ricerca
Tutto era pronto martedì scorso per la ratifica da parte del Senato accademico de La Sapienza della decisione assunta a maggioranza dal dipartimento di Scienze della Terra di assegnare una cattedra da ordinario, per “chiara fama”, a Domenico Giardini, presidente dell’Ingv, dimissionario a causa della indennità di carica ritenuta insufficiente.
Il placet del Senato, secondo fonti accreditate, sarebbe stato sufficiente al ministro Profumo per revocare l’accettazione delle dimissioni di Giardini (operative dal 1° marzo), in attesa del parere obbligatorio da parte del Cun (che non arriverebbe prima della fine di maggio) sulla proposta di assegnare una cattedra allo stesso Giardini, che risolverebbe tutti i suoi problemi.
Una procedura non molto lineare, destinata a provocare ulteriori polemiche in un ente strategico per la vita del paese, che per altri mesi continuerebbe a operare nell’incertezza dell’organo di vertice.
Ma a complicare ancora di più la faccenda è stato il preside della facoltà di Scienze che, nel corso della seduta del Senato accademico di due giorni fa, ha gelato il Magnifico Rettore Luigi Frati quando ha fatto notare che il Consiglio della sua facoltà non si era mai pronunciato sulla chiamata per “chiara fama” del professor Giardini.
Il rettore ha dunque aggiornato il Senato, dando un segnale di apertura nella direzione di un percorso di trasparenza e democrazia, in attesa della decisione del Consiglio della facoltà di Scienze, che si riunirà lunedì prossimo.
Il Consiglio, però, potrebbe riservare altre amare sorprese sia al ministro Profumo che alle altre forze in gioco, che si stanno spendendo non poco per Giardini.
Non è escluso, infatti, che il Consiglio ponga precise condizioni per la “chiamata” del presidente dimissionario dell’Ingv.
Due, in particolare: la rinuncia definitiva alla cattedra, che il medesimo ha presso l’Università di Zurigo, e l’accettazione del tempo pieno presso La Sapienza.
Come si vede, un vero rompicapo che rischia di far recedere il ministro Profumo dalla sua ostinazione a lasciare ad ogni costo Domenico Giardini sullo scranno più alto dell’Ingv, anche perché il Comitato Salamini ne aveva indicati diversi di scienziati in grado succedere a Enzo Boschi alla guida dell’ente di via di Vigna Murata.
Intanto, il tempo stringe e il 29 febbraio, termine ultimo per una eventuale revoca (che deve essere motivata) da parte del ministro dell’accettazione delle dimissioni di Giardini, è dietro l’angolo.