di Alex Malaspina
In via di Vigna Murata, a Roma, sede centrale dell’Istituto di geofisica e vulcanologia, si vivono giornate di attesa.
Dopo l'abbandono della carica di presidente da parte di Domenico Giardini, alla fine di una vicenda kafkiana, raccontata in esclusiva e tutta per intero dal Foglietto, il ministro vigilante ha riconvocato il Comitato di valutazione presieduto da Francesco Salamini, che nei giorni scorsi, dopo una movimentata seduta, ha ricomposto la “cinquina” dalla quale il titolare del Miur dovrà scegliere il successore di Giardini.
A fare compagnia a Stefano Gresta (che, nella veste di consigliere anziano, sta svolgendo la funzione di presidente), Carlo Doglioni, Benedetto De Vivo e Roberto Sabadini, sarà Mauro Rosi che, secondo voci insistenti, potrebbe essere il nuovo n. 1 dell’Ingv, anche se Gresta spera di ottenere dal ministro un’investitura pleno jure.
Rosi, 63 anni, versiliese, magmatologo, ordinario all'università di Pisa, è conosciuto nell'ambiente per gli studi sul Vesuvio/Campi Flegrei e su Stromboli. Ha all'attivo 63 articoli (Isi), ed è recentemente stato nominato vicepresidente della Commissione Grandi Rischi e membro del Consiglio Scientifico Ingv (organo tuttora mai convocato).
Uomo di buon carattere, anch'egli, come Giardini, è benvisto dalla Protezione Civile, che in passato si è dovuta più volte scontrare con Enzo Boschi, il quale, nella sua lunga permanenza alla guida dell’Ingv, ne ha sempre difeso, come un mirmillone, l’indipendenza e l’autonomia, senza mai tirarsi indietro nei duri scontri con Bertolaso.
Per il nuovo presidente dell’Ingv, la vita non sarà certamente semplice, non solo per la presenza all’interno dell’ente di professionalità che possono vantare una elevata esperienza sul campo dei rischi sismico e vulcanico, ma anche per l’annoso problema del precariato, che colpisce l’Ingv più di ogni altro ente di ricerca.