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Sabato, 06 Lug 2024

di Alex Malaspina

La sicurezza, si sa, è una cosa seria e c’è chi, anche tra gli enti pubblici, per garantirsela, giustamente non lesina sulla spesa.

Ne sono convinti anche all’Istat dove, nel 2010, in occasione dell’affidamento, per il quadriennio 2011-2014, dell’appalto del servizio di vigilanza delle numerose sedi disseminate nella capitale, per un costo, comprensivo di Iva, di oltre 5 milioni di euro, pur di salvaguardare beni e numeri, e di conseguire anche un sostanzioso risparmio, fu deciso di ricorrere sia ai tradizionali vigilantes che a un sofisticato sistema di allarme antintrusione e di videosorveglianza.

Infatti, a fronte di una spesa di circa 400 mila euro per la fornitura e l’installazione del sistema di allarme e di videosorveglianza, da effettuarsi a cura della società di vigilanza, l’Istat in teoria non avrebbe dovuto sostenere oneri per la sorveglianza notturna e anche diurna nei giorni di sabato, domenica e festivi, in quanto effettuata senza l’ausilio dei vigilantes, operativi invece dalle 7:30 alle 19:30 dei soli giorni lavorativi.

Nel contratto e nel capitolato d’appalto erano specificati tempi e modalità per l’avvio dei sistemi: 70 giorni al massimo dall'approvazione da parte dell’Ispettorato del Lavoro, intervenuta e comunicata in data 16 giugno 2011 al direttore generale dell’Istat dell’epoca.

In sostanza, entro il 25 agosto 2011 gli impianti avrebbero dovuto funzionare regolarmente, con la conseguenza che, visto che da allora sono passate più di 700 notti e 100 tra giornate non lavorative e festive, l’Istat ad oggi avrebbe potuto conseguire consistenti economie, in termini di prestazioni non più necessarie da parte dei vigilantes.

Ad oltre tre anni di distanza dalla data di aggiudicazione, però, le apparecchiature sono state sì installate in gran numero e in gran parte pagate ma, ahinoi, non sono mai entrate in funzione.

Eppure, il responsabile del procedimento e il direttore dell’esecuzione del contratto avrebbero dovuto attivarsi per collaudare il sistema, propedeutico all'avvio del servizio di videosorveglianza e di allarme antintrusione.

Ma, forse per il fatto che a tutt’oggi non sembra esserci certezza su chi rivesta il ruolo di responsabile del procedimento nonché quello di direttore dell’esecuzione, né è noto il nome del collaudatore dell’impianto, la vicenda appare dimenticata dall’amministrazione dell’ente.

Una più attenta e oculata gestione del contratto o, meglio, la semplice osservanza di quanto in esso previsto, probabilmente avrebbe potuto evitare una cospicuo dispendio di denaro pubblico.

Di chi la colpa dell’incredibile e costoso ritardo? Difficile dirlo.

Si può soltanto affermare che, se fosse ascrivibile alla ditta appaltatrice che – come evidenziato - avrebbe dovuto realizzare l’impianto entro 70 giorni dall’ok da parte dell’Ispettorato del Lavoro, l’Istat avrebbe dovuto applicare nei confronti della ditta stessa una penale di 1000 euro per ognuno degli oltre 700 giorni di ritardo, mentre - sempre l'appaltatore - avrebbe dovuto garantire, a propria cura e spese, il servizio di vigilanza fissa diurna (per le giornate non lavorative e festive) e notturna (per tutti i giorni), siccome previsto dall'art. 10 del contratto di appalto.

In attesa che vengano accertate, da parte degli organismi competenti, eventuali responsabilità sulla sconcertante vicenda, l’auspicio è che gli impianti vengano finalmente messi in funzione.

Con gran sollievo per le finanze pubbliche.

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