di Rocco Tritto
E’ notte fonda al vertice dell’Istituto nazionale di statistica. Chi si aspettava concreti segnali che annunciassero la grande “rivoluzione” promessa da Giorgio Alleva, deve pazientare e chissà per quanto.
La già rabberciata squadra di Alleva, presidente dell’Istat da luglio scorso, che non può contare su un direttore generale pleno jure, con direttori di dipartimento e direttori tecnici centrali prorogati fino al 30 giugno 2015 e dirigenti di servizio addirittura per un anno, da ieri è ufficialmente priva anche del direttore del personale.
Giovedì della scorsa settimana, infatti, Michele Palma, ha gettato inopinatamente la spugna, rassegnando le proprie dimissioni dall’incarico, che aveva assunto il 1° luglio, con scadenza 30 giugno 2017, e ha deciso di rientrare immediatamente nei ruoli dirigenziali della Presidenza del Consiglio.
L’esperienza di Palma in via Balbo è durata meno di cinque mesi. Anche il suo predecessore, Antonino Costantino, aveva lasciato anticipatamente l'incarico.
Sono in tanti a chiedersi le motivazioni della drastica quanto inattesa decisione che, ancora una volta, ha liberato anzitempo la poltrona dirigenziale.
Dalla rigorosa consegna del silenzio, che da alcuni giorni regna ai piani nobili di via Balbo, sono trapelate solo indiscrezioni in base alle quali le dimissioni di Palma sarebbero state determinate dalla impossibilità di condividere il recente accordo sulla proroga triennale dei circa 400 contratti di lavoro a tempo determinato.
Sempre indiscrezioni riferiscono che l’ormai ex capo del personale non sarebbe stato coinvolto dalla direzione generale (affidata a un reggente) nella stesura dell’ultima versione dell’accordo, che è stata firmata nel pomeriggio del 27 novembre scorso.
Sia come sia, è certo che all'Istat a fare il capo del personale si resiste sempre meno e che quel posto sembra abbia perso ormai molta della sua forza attrattiva.