Poco prima di Natale, con un annuncio a sorpresa del premier Renzi, si è saputo che Tito Boeri è stato nominato presidente della “Nuova Inps”. Boeri succede ad Antonio Mastrapasqua, ultimo presidente pleno iure dell’ente previdenziale, che, dopo le sue dimissioni, nel frattempo è stato gestito da due commissari, Vittorio Conti e Tiziano Treu.
Noto al grande pubblico come editorialista di Repubblica e animatore del portale lavoce.info, Boeri è professore alla Bocconi, ha lavorato all’Ocse e ha fatto il consulente per il Fondo monetario internazionale, la Banca Mondiale, ed altro.
Si fa prima, insomma, a dire quel che non ha fatto. Proprio quel che sta accadendo ora.
La legge (comma 7 dell’art. 7 del decreto legge n.78 del 2010) richiede che il presidente dell’Inps sia “scelto, in base a criteri di alta professionalità, di capacità manageriale e di qualificata esperienza nell’esercizio di funzioni attinenti al settore operativo dell’ente”.
Proprio di queste doti di managerialità e di esperienza operativa sembrerebbe sfornito il Boeri.
Ne abbiamo viste tante e sappiamo che in molti altri casi le cose sono andate anche peggio di così. Da parte nostra, dunque, nessuna meraviglia.
Sorprende, invece, che non abbia avuto niente da ridire proprio Boeri, che ha accettato la nomina. Pochi mesi fa, infatti, l’illustre economista aveva fatto fuoco e fiamme contro la nomina di Giorgio Alleva a presidente dell’Istat, evidenziando, proprio su lavoce.info e insieme a una nutrita pattuglia di colleghi, che quest’ultimo aveva un curriculum privo di quell’esperienza internazionale richiesta dalla legge, requisito peraltro introdotto di recente, secondo i malevoli per tirare la volata a qualche candidato che ne era, viceversa, provvisto, laddove, com’è noto a tutti, chi ricopre il ruolo di presidente dell’Istat deve soprattutto garantire la produzione di statistiche ben fatte e tempestive, pena la loro inservibilità.
Tra le due nomine, quella di Alleva e quella di Boeri, una differenza però c’è. In quest’ultimo caso, infatti, il governo ha proceduto senza indugi alla nomina, infischiandosene del curriculum di chicchessia, mentre per il presidente dell’Istat il ministro Madia, senza che la legge lo prevedesse, il curriculum l’ha chiesto proprio a tutti, tanto che ne sono arrivati una quarantina, salvo poi decidere in modo non trasparente, stando all’obiezione dello stesso Boeri, per il quale occorreva “motivare i criteri in base ai quali la scelta è stata effettuata e assumersene fino in fondo la responsabilità”.
Per la nomina del presidente dell’Inps, il governo deve aver capito che con la caccia al curriculum era il caso di piantarla. Resta il fatto, comunque, che anche in questo caso, pure con tutta la buona volontà, “trasparenza “ e “motivazioni” non riusciamo a vederle, proprio come era capitato a Boeri per la nomina di Alleva.
La procedure c’est la procedure, dicono i nostri cugini d’Oltralpe. Andrebbe osservata sempre, anche per non correre il rischio di fare i moralisti “in re aliena”.