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Giovedì, 28 Mar 2024

Dal 1993 Matera, con i suoi Sassi e il suo paesaggio rupestre, è Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Il 17 ottobre 2014 è stata proclamata Capitale Europea della Cultura 2019. La Basilicata è luogo di riti antichi, in cui il sacro e il profano si uniscono in un panorama naturale che emoziona alla vista di cascate naturali, dighe, torrenti, fiumi.

La Gravina di Matera è uno spettacolare canyon che incide l’altopiano roccioso della murgia materana e contorna i Sassi.

Ma com’ è la geologia e la geomorfologia del Materano?

Lo chiediamo al Prof. Francesco Sdao, docente di geologia applicata presso la scuola di Ingegneria dell’Università degli Studi della Basilicata,che gentilmente ha accettato di rispodere alle nostre domande.

Il paesaggio rupestre della Murgia Materana è profondamente diverso dagli altri paesaggi rupestri presenti nel bacino del Mediterraneo, come ad esempio quello della Turchia, commenta il Prof. Sdao. La sua genesi e la successiva evoluzione architettonica degli originari ipogei rupestri, in molti casi di origine preistorica, sono state favorite dal peculiare habitat geostrutturale, idrogeologico, geomorfologico e geomeccanico della Gravina di Matera.

Tale peculiare habitat, un unicum in Italia e nel bacino mediterraneo,  è generato da una serie di circostanze: una formazione calcarenitica, di età pleistocenica, nota come Calcarenite di Gravina, poggiante su un substrato carbonatico compatto, di età cretacica (il Calcare di Altamura); la facile  lavorabilità e scavabilità della roccia calcarenitica, nella quali sono sorte le testimonianze rupestri, perché poco cementata, fessurata e ben stratificata; versanti acclivi ed articolati costituenti la profonda incisione forratica, nota come Gravina (generati dall’approfondimento dell’originario solco fluviale, conseguenza del lento ritiro del mare Bradanico), a cui si accompagna un assetto strutturale di tali rocce con strati poco inclinati ma disposti a franapoggio. L’articolata e aspra  geomorfologia della Gravina, caratterizzata da un andamento tortuoso, aspri anfratti, rotture di pendio, balconcini di roccia si cui si affacciano le grotte rupestri.

E’ bene evidenziare che siffatto ambiente geologico e  geomorfologico da una parte ha favorito il sorgere e la successiva evoluzione dell’architettura rupestre, dall’altro ha reso gli stessi versanti forratici particolarmente fragili: infatti, lungo gli stessi versanti si osservano diffuse tracce ed effetti di movimenti di massa rapidi che si palesano con crolli, scivolamenti e ribaltamenti di riccia. Questo stato di dissesto idrogeologico si ripercuote, a volte danneggiandole, sulle pregevoli testimonianze rupestri, presenti sia nei Sassi che nel vicino Parco Archeologico Storico delle Chiese Rupestri. Lo studio di tale dissesto idrogeologico e il suo monitoraggio sono stati tra gli obiettivi di un progetto di interesse nazionale finanziato dal MIUR (Progetti PRIN). come

Lei parla di evoluzione architettonica, quindi si ritrovano testimonianze di che tipo?

La civiltà rupestre del Materano e della vicina Puglia si è essenzialmente sviluppata nel Medioevo, tra l’VIII e il XIII sec d.C. ed è testimoniata da un ricco, articolato e variegato  patrimonio storico ed architettonico. Si ritrovano, infatti, insediamenti urbani, i Sassi appunto, disposti su più livelli, insediamenti rupestri pastorali, i così detti Iazzi, villaggi trincerati, come ad esempio i villaggi della Loe, Saraceno e poi luoghi di culto come chiese, asceteri, cenobi, complessi monastici ed eremi. Strutture tutte articolate e complesse. In molti casi il luogo di culto occupa una grotta  scavata da fenomeni naturali, a volte l’ambiente è in parte scavato in parte costruito.

Per quale motivo nel territorio materano c’è stato lo sviluppo della civiltà rupestre e non altrove?

Perché il peculiare habitat geologico della Gravina di Matera soddisfa appieno le esigenze demiche, socio-economiche, religiose e strategiche delle popolazioni medievali lucane, ed in particolare la possibilità di dotarsi di case poco costose, garantita dalla facilità di scavo della Calcarenite di Gravina, dalla presenza di numerose cavità naturali e dalla vascolarizzazione sotterranea degli ambienti; il soddisfacimento del bisogno idrico assicurato dalla realizzazione di opere idrauliche, come cisterne o canali di raccolta, e dalla sostanziale poca permeabilità superficiale, per la presenza  di una crosta indurita,  della calcarenite.

Ma ci sono altre ragioni, come la non agevole individuabilità dei siti insediativi, al fine di sfuggire alle incalzanti e ricorrenti invasioni di goti, arabi, bizantini, longobardi, e altri, oppure, dalla temperie iconoclasta, favorita dall’andamento tortuoso e dai versanti aspri della Gravina.

L’uso di scavare la roccia per creare ripari, tombe, ambienti di culto ha sempre accompagnato la storia dell’uomo e il bisogno di spiritualità. In molte aree del bacino Mediterraneo, tale fenomeno è stato diffuso ed intenso. E’ il caso della Cappadocia, dell’Altopiano Magrebino, della Tunisia e, in particolare, di ampie aree della Puglia e del Materano.

 

In molte aree del bacino Mediterraneo, tale fenomeno è stato così diffuso ed intenso, tale da essere indicato con il nome di Paesaggio Rupestre, spesso sede di una vera e propria Civiltà Rupestre.

Lo scenario naturale del luogo ha potuto soddisfare la vocazione spirituale ed  eremitica, grazie  all’articolata geomorfologia della Gravina con i suoi versanti acclivi difficilmente accessibili, aspri anfratti e recessi modellati negli spalti calcarenitici e andamenti tortuosi del solco fluviale e con la diffusa edificazione, in particolare, fra l’VIII ed il XIII secolo d. C. di centri di culto a varia articolazione e complessità architettonica, come chiese rupestri, cenobi, cripte e asceteri: viva testimonianza di civiltà monastiche di rito greco-bizantino o benedettino.

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